venerdì 20 agosto 2010

Parents Circle

Pubblichiamo gli appunti dell'incontro con due persone del Parents Circle.
(Il file video è troppo pesante per essere pubblicato integralmente
- chi è interessato ce lo può comunque chiedere e cerchiamo di pubblicarlo in forma temporanea. -
Cercheremo di estrarne i passaggi salienti per pubblicare quelli in forma definitiva.)

Sul loro sito web si presentano così:
"La pace è possibile, quando permettiamo a noi stessi di essere vulnerabili (...) i membri del "Parents Circle" ("Circolo I genitori") hanno sperimentato questa verità nel profondo della loro sofferenza e di perdita. Essi hanno riscontrato che vi è di più che ci unisce che quello che ci divide, che siamo Tutti i membri di una famiglia, la famiglia umana (...) "Desmond M. Tutu, arcivescovo emerito. Lettera ai genitori Circle - Forum Famiglie, aprile 2004


Si tratta, per quanto ne sappiamo, di un mondo precedente quello che ha portato le famiglie a vivere nel lutto di le vittime da entrambe le parti e a imbarcarsi in una missione di riconciliazione comune mentre il conflitto è ancora attivo.
Composto da diverse centinaia di famiglie in lutto, per metà israeliani e per metà palestinesi, le famiglie Forum hanno svolto un ruolo cruciale fin dalla loro nascita nel 1995, guidando un processo di riconciliazione tra israeliani e palestinesi. I membri del Forum hanno perso tutti i loro familiari diretti a causa della violenza nella regione.


A noi si presentano così:
"Prima di tutto noi siamo esseri umani.
Solo dopo di questo siamo un uomo israeliano ed una donna palestinese.
Siamo fratelli."


Lei è palestinese e vive vicino Hebron.
Lui è ebreo israeliano e vive a Gerusalemme da 7 generazioni.

Entrambi hanno pagato il prezzo più grande dalla guerra.

LUI
37 anni fa ha partecipato come soldato alla guerra dell o Yom Kippur.
Ha perso molti amici in combattimento.
Tornato a casa ha avuto 4 figli.
Sua figlia, nata 26 anni fa muore nel '97 a 14 anni in un attentato suicida a Gerusalemme.

Alla fine dei 7 giorni di lutto, cosa fare?

Due scelte possibili gli si presentano:
1) rabbia e desiderio di vendetta contro chi l'ha uccisa;
oppure, visto che la vendetta non aiuta ad averla indietro,
2) cercare di capire perché è successo.
Quali ragioni stiano dietro all'attentato?
Come fare perché non succeda di nuovo?

Un anno dopo incontra un ebreo religioso. Inizialmente lo prende per un fascista. Anche lui ha perso un figlio nel '94, ucciso da Hamas. Lo invita ad una riunione di persone che avevano perso i loro cari ma continuavano a credere nella pace. C'erano anche dei palestinesi.
È per lui la prima volta che riesce a vedere palestinesi come essere umani e condividere con loro il dolore.
Capito che non è una necessità ineluttabile continuare la guerra, si impegna a portare avanti questo messaggio. Cercando di aprire con la forza del dolore delle crepe nel muro che divide le due comunità.

Due suoi figli hanno fatto il soldato e ora sono membri di "combattants for peace". Il terzo figlio sta per partir soldato: da parte della famiglia ha una forte pressione per obiettare, ma se non parte rischia la prigione nonché difficoltà varie nella vita sociale e professionale.
Per il momento ha deciso di ritardare per un anno, poi vedrà...

LEI
Lei è nata sotto l'occupazione ed il conflitto.
A 14 già sostituiva nelle responsabilità domestiche la madre incarcerata per aver difeso la famiglia rifiutando di stare in silenzio e cercando piuttosto di parlare con gli enti internazionali quali la Croce Rossa.
Dopo l'arresto della madre, gran parte degli amici si allontanavano da loro.
Lei doveva accompagnare ogni giorno la sorella a scuola.
Tutti i fratelli sono stati prima o poi arrestati.
La madre fu libera di nuovo quando lei aveva 17 anni.
Per proteggerla, la madre cercò di darla al più presto in moglie.

Un giorno, mentre guidava, un fratello fu ferito da un colpo di arma da fuoco di un
colono; un ginocchio era in brutte condizioni e per evitare l'amputazione della gamba la madre dovette portarlo a curarsi in Arabia.
Riuscirono a curarlo a dovere.

Nel frattempo però un altro fratello (Youssef) fu ucciso da un soldato all'entrata del villaggio in modo incomprensibile: un colpo a bruciapelo dopo però che erano stati a parlare per minuti.
... "Solo due minuti" - continuava a ripeterci - "vi rendete conto? questo soldato gli ha sparato a sangue freddo... alla testa.. solo dopo aver parlato solo due minuti con lui... solo due minuti..."

La madre, tornata dall'Arabia, si avvicinò al Parents' Circle.
All'inizio lei rifiutava il loro messaggio e nutriva sentimenti di vendetta.
Poco dopo la madre morì di infarto (la nostra interlocutrice ci racconta questa perdita con un forte senso di colpa... quasi che la madre non abbia potuto reggere il dolore che, nonostante tutto il suo impegno a favore della pace, la figlia nutrisse sentimenti di vendetta).
Presto una signora ebrea si mise in contatto con lei e la portò nel Parents' Circle. Anche questa signora aveva perso un figlio nel conflitto. Su questa signora la nostra interlocutrice non ha alcun dubbio: "Questa signora è stata mandata a mia madre - morta - una signora israeliana, con la stessa forza combattiva di mia madre, che diceva le stesse cose che dicevo io, mandata a me che non riuscivo a perdonare e pensavo solo a vendicare... non poteva essere altro che un segno di mia madre...".

Più che una normale ONG, il Parents' Circle è quasi una famiglia.
Le attività dell'associazione mirano a risolvere il conflitto dal basso più che tramite accordi politici dall'alto: aprire canali di comunicazione telefonici e via internet fra le due parti, manifestare congiuntamente contro i bombardamenti, fare donazioni incrociate di sangue, lezioni in scuole superiori israeliane e palestinesi.
Il più delle volte risulta essere la prima volta in cui gli studenti vedono un israeliano e un palestinese lavorare assieme anziché demonizzarsi.
La reazione degli studenti varia molto a seconda della classe sociale.
La maggioranza è collaborativa e spesso apre gli occhi, ma a volta ci sono manifestazioni di disprezzo. C'è comunque grande rispetto per chi ha perso i suoi cari. E il fatto di vedere un israeliano e un palestinese accanto dà l'esempio.
Organizzano campi estivi per giovani delle due parti per capirsi e condividere; è fondamentale diffondere l'idea che se si combatte è contro un essere umano uguale a noi.
Infine allestiscono mostre a Tel Aviv in cui vendere prodotti Palestinesi, p.es. ricami.
Per molte persone palestinesi è la prima occasione di andare al mare.
Sotto nostra richiesta ci racconta poi dell'esperienza della madre e dei fratelli nelle prigione.
Le prigioni israeliane sono un luogo senza alcuna legge.
Tutto vi è lecito per ottenere informazioni.
Il fratello di lei vi fu torturato per ore perché parlasse della madre.
La madre a sua volta torturata per parlare del figlio.
Lo stesso suo figlio ha già avuto 11 processi, ma mai ufficialmente condannato.
Soldati entrano spesso nei villaggi ed arrestano in massa senza prove.
C'è la speranza che il comportamento dei soldati sotto le armi diventi più umano una volta che si diffonde l'idea che il "nemico" è lui stesso un essere umano.
Il governo israeliano non li sostiene, anzi li ostacola.
Lo slogan governativo è infatti che non c'è una controparte con cui trattare la pace, mentre loro dimostrano che una controparte esiste.

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