martedì 18 ottobre 2011

Prendo da: Invisible Arabs
 Brevi cenni su una mediazione infinita

E’ stata una mediazione che sembrava persa, infinita. Uno di quei tavoli negoziali che sono lì, e sembrano non facciano nessun passo avanti. A dire il vero, per anni la trattativa su Shalit è stata ostaggio di altre cose. Ostaggio dello scontro tra Fatah e Hamas, sempre più profondo, soprattutto dopo il coup dell’ala militare del movimento islamista nel giugno del 2007. Ostaggio delle questioni di politica interna israeliane, con un avvicendarsi dei mediatori nel negoziato su Shalit che ha fatto comprendere quanto fossero diversi gli approcci tra il governo di Ehud Olmert e l’esecutivo che lo ha sostituito, nel 2009, guidato da Benjamin Netanyahu. Sono innumerevoli le volte in cui si è pensato, in questi cinque anni, che si fosse a un passo dalla chiusura dell’accordo sullo scambio di prigionieri. Poi, da un momento all’altro la doccia fredda.

 La Germania che abbandona la mediazione, almeno temporaneamente. Gli israeliani che cambiano i loro uomini mandati a negoziare. Gli egiziani, soprattutto, che antepongono alla ediazione di per se stessa la politica di Hosni Mubarak e di Omar Suleiman. Il dossier sui prigionieri, infatti, è stato per anni ostaggio di una vicenda più complessa, i cui elementi fondamentali sono stati: il dossier parallelo sulla riconciliazione interpalestinese, il dossier sulla tregua tra Hamas e Israele (sia prima sia dopo l’Operazione Piombo Fuso), le pressioni americane e israeliane per far abortire il dossier sulla riconciliazione, e infine la questione tutta interna all’Egitto della successione a Hosni Mubarak.

Un elemento fondamentale, quest’ultimo, perché il gioco di Mubarak e Suleiman con i dossier palestinesi ha reso infinita questa storia. La dimostrazione è che i dossier, sia quello sulla riconciliazione sia quello sullo scambio dei prigionieri, si sono chiusi entrambi pochi mesi dopo la caduta di Hosni Mubarak e del suo uomo forte a capo dei servizi, Omar Suleiman. Non è causale. Soprattutto se si pensa che le richieste di Hamas, circa mille prigionieri in cambio della liberazione di Gilad Shalit, sono state alla fine accettate da Israele, comprese quelle che riguardavano la presenza di detenuti arabo-israeliani e di Gerusalemme est. Se molto di diverso non c’è stato sul quid dell’intesa, significa che molto c’è stato – di differente – nei protagonisti dell’accordo. Che ora, in questa coda di un 2011 incredibile per la regione, raggiungono un’intesa frutto anche (se non soprattutto) delle loro singole debolezze.

 Diversi gli egiziani, almeno in parte, e indeboliti da una transizione difficile, divisa tra i successi indubbi di Tahrir e la controrivoluzione che tenta di salvare pezzi del regime. Un successo come quello sul dossier Shalit, assieme alle scuse formali presentate da Israele all’Egitto per i cinque soldati uccisi nello sconfinamento dello scorso agosto, è di quelli che il Consiglio Supremo Militare (SCAF) può usare a suo favore. Anche se, in questo caso specifico, il protagonista dell’accordo non è stato lo SCAF, ma l’intelligence egiziana. E non è un dettaglio da poco.

Diversi, e per alcuni versi deboli, anche gli israeliani. La debolezza deriva in parte dalla (altrettanto debole) pressione internazionale, che comunque ha esercitato una certa qual influenza sulla questione delle colonie (mentre firmava l’accordo, però, il governo israeliano decideva la costruzione di una nuova colonia nella parte sud di Gerusalemme est, che finirà per spaccare la continuità tra i quartieri palestinesi di Gerusalemme – Beit Safafa, per la precisione – e Betlemme). Una debolezza, quella del governo di Tel Aviv, che si fonda però soprattutto sulla necessità di tenere sicuro il fronte sud, che dal 1979 al 2011 non era stato più un problema, grazie alla pace di Camp David. La liberazione di Gilad Shalit, e soprattutto il ruolo avuto dall’Egitto, dovrebbero tranquillizzare Israele dal punto di vista strategico, visto che i suoi occhi sono ancora rivolti verso Teheran e verso il rialzo della tensione dopo le notizie del presunto complotto contro l’ambasciatore saudita negli USA.

C’è poi una debolezza di Hamas, la cui leadership a Damasco è sempre più a disagio con la repressione di Bashar el Assad verso la rivoluzione siriana. Le voci di un possibile ‘trasloco’ dell’ufficio politico di Hamas non sono state del tutto sedate, ed è un fatto che tra i protagonisti dell’accordo ci sono due leader che hanno i rapporti migliori con gli egiziani, Moussa Abu Marzouq e Mahmoud a-Zahhar, egiziano da parte di madre. Il bilanciamento interno tra la Hamas di Gaza e la Hamas dell’ufficio politico, dunque, è una di quelle facce dell’accordo che andrebbe analizzata meglio per capirne i contorni. Di certo, è che Hamas – come anche Fatah – deve fare i conti con le rivoluzioni arabe e i nuovi confusi equilibri della regione. E dall’altra doveva guadagnare un’immagine interno alla società palestinese, dopo il grande show di Mahmoud Abbas che aveva ottenuto un consenso inatteso anche da parte di chi non gli era amico, dopo il discorso all’Onu.

 Questa, però, è solo la prima lettura di quello che è successo. Bisognerà, come sempre in Medio Oriente, vedere quello che succederà, già dalle prossime ore.

martedì 23 agosto 2011

Natività della Madre di Dio


A Dio piacendo, la benedizione si terrà alle 10 am dell'8 Settembre 2011 nella parrocchia di Santi Michele e Nazario di Gaggio Montano dove resterà a servizio di tutti.

Grazie a tutti coloro che hanno sostenuto questo lavoro.

mercoledì 20 luglio 2011

GMG: TUTTI A MADRID, CON SACCO A PELO. E CARTA DI CREDITO DELLA BANCA ARMATA.

Prendo da Adista - Luglio 2011

GMG: TUTTI A MADRID, CON SACCO A PELO.
E CARTA DI CREDITO DELLA BANCA ARMATA.

36244. ROMA-ADISTA. Zaino, stuoia, sacco a pelo e carta di credito. Sarà questa l’attrezzatura del papa boy in partenza per Madrid dove dal 16 al 21 agosto si celebrerà la Giornata mondiale della gioventù, insieme anche a papa Benedetto XVI.


Ma se zaino e sacco a pelo fanno parte del tradizionale armamentario del pellegrino, la novità di quest’anno è la carta di credito. Non una carta di credito qualsiasi, ma la carta di credito del papa boy, emessa dal gruppo Ubi Banca (in tutto 9 istituti, fra cui Banca popolare di Bergamo, Banco di Brescia e Banca popolare commercio e industria) con tanto di marchio «Enjoy Gmg 2011 Madrid». Pubblicità a tutta pagina sul quotidiano dei vescovi Avvenire, banner stabilmente presente sul sito internet del giornale della Conferenza episcopale italiana e su altri siti dedicati alla Gmg, insomma un accessorio indispensabile, con tanto di benedizione papale, visto che il marchio «Gmg 2011» campeggia nella carta accanto al logo MasterCard.


L’affare, ovviamente, è doppio: per l’organizzazione della Gmg, che ha ceduto il marchio a Ubi Banca (anche se dal gruppo bancario fanno sapere che «l’immagine utilizzata è stata approvata in relazione ad accordi che per motivi di riservatezza non possiamo rendere pubblici e che, comunque, non hanno comportato esborsi economici da parte nostra», nessuna dichiarazione invece da parte del Comitato organizzatore della Gmg, ugualmente interpellato da Adista), e per Ubi Banca, che piazzerà le nuove carte di credito a giovani clienti che poi potrà facilmente fidelizzare: la carta, infatti, costa appena 1 euro al mese e ha validità di cinque anni, senza spese di emissione.


Piccolo ulteriore dettaglio, che si aggiunge alla commistione Dio-Mammona: il gruppo Ubi, sebbene abbia una policy rigorosa e non possa esser tacciata di poca trasparenza, è una delle “banche armate” italiane, ovvero quegli istituti di credito che forniscono servizi di intermediazione finanziaria alle industrie belliche che vendono armi all’estero, da più di dieci anni oggetto di una campagna di pressione animata dalle riviste missionarie Nigrizia e Missione Oggi e dal mensile promosso da Pax Christi Mosaico di Pace (v. Adista n. 35/00). Nel 2010 Ubi Banca ha “movimentato” per conto delle industrie armiere 170 milioni di euro (168 milioni il Banco di Brescia, poco più di 2 milioni il Banco di San Giorgio), nel 2009 addirittura 1 miliardo e 231 milioni (risultando la prima “banca armata” in Italia), 238 milioni nel 2008 (v. Adista nn. 46/09, 41/10, 41/11).


Ma anche questa non è una novità: già nel 2005, in occasione della Gmg di Colonia, il comitato organizzatore della Giornata si trovò al centro di numerose critiche – alcune rivoltegli addirittura dalla neonata associazione Papaboys – perché accolse fra gli sponsor principali della kermesse la Banca di Roma (v. Adista nn. 47 e 51/05), all’epoca la principale “banca armata” italiana. (luca kocci)

martedì 19 aprile 2011

Israele-Palestina Agosto 2010, Video

Carissimi,

con vergognoso ritardo abbiamo finalmente caricato su youtube i filmati del nostro viaggio in Israele/Palestina. Purtroppo non abbiamo ancora avuto il tempo di preparare un montaggio riassuntivo (prima o poi ce la faremo!).
Per il momento, condividiamo i filmati per intero nella forma originale.

Data la lunghezza, sono organizzati in tre playlists:

- Incontro con Rami Elhannan e Siham Alkhalil Abu Awwad del Parents' circle.



Link alla playlist: Parents' Circle
Link al post dell'incontro: Parents Circle


- Incontro con Hafez Huraini, portavoce del South Hebron Hills Committee e capo del villaggio di At Tuwani (Cisgiordania meridionale)



(La scarsa qualita' dell'audio e' dovuta al forte vento. Sarebbe bello se qualcuno di voi potesse aiutarci a migliorarlo.)

Link alla playlist: At Tuwani
Link al post dell'incontro: Operazione Colomba


- Incontro con Tamar membro dei Combattants for Peace



Link alla playlist: Combattants for Peace
Link al post dell'incontro: Tamar (Combattants For Peace)


Per tutti questi filmati abbiamo ricevuto esplicita richiesta di diffusione da parte degli intervistati.

Altri filmati sono disponibili solo in forma privata. Chi fosse interessato a vederli puo' contattarci personalmente.

venerdì 25 marzo 2011

La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire

Prendo da Emergency:

La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire


Ancora una volta i governanti hanno scelto la guerra. Oggi la guerra è “contro Gheddafi”: ci viene presentata, ancora una volta, come umanitaria, inevitabile, necessaria.

Nessuna guerra può essere umanitaria. La guerra è sempre stata distruzione di pezzi di umanità, uccisione di nostri simili. Ogni “guerra umanitaria” è in realtà un crimine contro l’umanità.

Nessuna guerra è inevitabile. Le guerre appaiono a un certo punto inevitabili solo quando non si è fatto nulla per prevenirle.

Nessuna guerra è necessaria. La guerra è sempre una scelta, non una necessità. E’ la scelta criminale e assurda di uccidere, che esalta la violenza, la diffonde, la amplifica, che genera “cultura di guerra”.

“Questa é dunque la domanda che vi poniamo, chiara, terribile, alla quale non ci si può sottrarre: dobbiamo porre fine alla razza umana o deve l'umanità rinunciare alla guerra?

Dal Manifesto di Russell-Einstein, 1955

Perché l’utopia diventi progetto, dobbiamo innanzitutto imparare a pensare escludendo la guerra dal nostro orizzonte culturale e politico.

Il nostro “NO” alla pratica e alla cultura della guerra è un ripudio definitivo e irreversibile, è il primo passo per fare uscire la guerra dalla storia degli uomini.

“La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”

Albert Einstein

FIRMA L'APPELLO SU http://www.dueaprile.it/firma.php

Primi firmatari:

Gino Strada, Carlo Rubbia, Luigi Ciotti, Renzo Piano, Maurizio Landini.

martedì 22 marzo 2011

IL PROBLEMA NON E' SE SIA GIUSTO O MENO BOMBARDARE LA LIBIA.

Da A-Twani (il viaggio di quest'estate in Palestina), un volontario di Operazione Colomba scrive sul suo blog.




IL PROBLEMA NON E' SE SIA GIUSTO O MENO BOMBARDARE LA LIBIA.

Scrivo da At-Tuwani, a sud di Hebron, territori palestinesi occupati.

Stamattina davanti a casa nostra un palestinese è stato accoltellato da un colono israeliano; forse il fatto che qui ci siamo noi dell'Operazione Colomba ed altri volontari internazionali permetterà che il suo aggressore venga individuato. Sono convinto che la nostra presenza a sostegno della scelta nonviolenta del villaggio ha permesso che queste persone siano ancora qui e non profughe e disperate in qualche terra non loro.

Quindi vedo la situazione della Libia da un punto di vista particolare, quello di chi ha la fortuna\privilegio di vedere in azione l'alternativa alla guerra. Il problema non è se sia giusto o meno bombardare la Libia. Non è giusto, punto. La coscienza ci dice che la guerra non si fa mai, che nessuno può proclamarla, neanche il Presidente di una nazione potente e ricca.

Lo dice anche la Costituzione italiana: non è mai accettabile né umana, men che meno quando dietro le motivazioni ufficiali ci sono interessi economici. Non è accettabile che il governo di Gheddafi spari sulla popolazione libica né che l'occidente bombardi la Libia. Il problema non più rimandabile è costruire una alternativa alla guerra; se l'unico strumento che conosciamo per risolvere le crisi è il bombardamento, useremo sempre quello: lo abbiamo fatto ieri, lo facciamo oggi, lo rifaremo domani. Il nostro paese investe nello strumento militare in maniera crescente, nonostante la crisi, vende armi (siamo il primo venditore di armi alla Libia), si accoda ansioso ogni volta che c'è da farsi vedere; bombardare e far la guerra è il nostro modo di chiedere di essere accettati dai governi che contano.
La coscienza ci dice di non fare accordi con chi uccide, la nostra intelligenza ci aiuta a capire che la guerra di oggi è preparata da tante scelte miopi ed egoistiche: abbiamo sovvenzionato per decenni Gheddafi per mantenere il nostro stile di spreco, lo abbiamo sostenuto nella sua guerra ai poveri in fuga dalle guerre africane per paura di far arrivare dei profughi in Italia ed Europa. La coscienza ci dice che non si può far la guerra senza diventare meno esseri umani e che la nostra vera crisi non è economica, ma morale.
La nostra coscienza ci chiede di investire con forza sull'intervento nonviolento civile, lo dico nel clima di esaltazione che produce la violenza, lo dico sapendo che tra non molto tempo faremo i conti con l'ennesimo bilancio fallimentare (Iraq, Afganistan...).
La nonviolenza funziona, ma non è fatta di parole né di soli no alla guerra: chiede di essere provata, vissuta, chiede meno chiacchiere e più persone vere pronte anche a rischiare la vita: è lo strumento di oggi, su cui come paese dobbiamo assolutamente puntare.
La diplomazia ufficiale è superata.
Lo strumento della guerra è superato.
E se non lo vedete ora, ci aspettano altri anni di menzogne e guerre.

K.

domenica 30 gennaio 2011

Tranonto sul lago


Oggi sole splendido (anche se sono le 16 ed è già tramontato da un po').
Dopo Messa di 2 ore luterana con la sacerdotessa che non ha celebrato l'eucarestia ma con un'ora e passa di omelia (ovviamente in svedese... e non ho capito molto di più del fatto che commetava parola per parola la prima lettura e il vangelo..) due passi alla torre del paesino con una coppia di ragazzi polacchi carinissimi e i loro pargoletti, pranzo veloce poi, armata di macchina fotografica sono andata al lago (o forse è un fiume... non so... o forse è il mare... chissà...).
Era tutto completamente ghiacciato ed innevato, la gente vi passeggiava tranquillamente sopra, alcuni a piedi, altri con gli skate e altri con gli sci... Io non potevo certo essere da meno... :) Era uno spettacolo davvero unico stare in piedi su quell'enorme lastrone di ghiaccio con attorno chilometri di natura e casette svedesi curatissime.
Verso le 15 il sole volgeva al tramonto e le ombre si allungavano, così come i rumori sempre più lontani... un silenzio incontaminato sembrava accompagnare il sole che scendeva nel suo roseo splendore che si rifletteva sul ghiaccio e sulla neve del lago.
Il tramonto qua è molto più lungo che da noi... ma purtroppo non è infinito... mi sono goduta lo spettacolo finché c'era poi il freddo ha iniziato a farsi sentire e pian piano mi sono avviata verso casa.
Proprio un bel pomeriggio!

mercoledì 26 gennaio 2011

Interni castello

Sabato era una bella giornata e ho fatto un po' di foto all'interno del castello... si commenta da solo




































mercoledì 19 gennaio 2011

OGGI C'E' IL SOLE!

Col sole fa tutto un altro effetto!




E anche i dintorni non sono niente male!




martedì 18 gennaio 2011

The castel by day

Questo il castello di giorno:



La foto l'ho presa da internet... è un po' meglio di come è adesso... almeno lì un po' di lucina sembra esserci... al momento non sembra avere molta voglia di soleggiare...
Vabbeh...
Stamattina mi hanno fatto fare il giro del castello.
Le corna che avevo visto ieri oggi non ci sono più... la suggestione fa brutti scherzi... oppure le avevano messe giusto come segno di accoglienza...
Ci sono tanti orologi a pendolo, scale di legno che scricchiolano, stanze con su e giù di balaustre intagliate dalle quali si possono ammirare piani di libri polverosi di 30cm, faccia di bronzo (nel senso che ci sono statue di bronzo) del signor Mittagh in tutte le stanze ("He is watching you" mi ha detto la segretaria stamattina mentre mi faceva fare il giro del castello).
La cosa più inquietante è stato il "sauto alla biblioteca".
Per il resto sto provando ad installarmi.
Sembra esserci tanta gente simpatica e collaborativa...

lunedì 17 gennaio 2011

Gösta Mittag-Leffler

Carissimi,
stamattina lasciavo l'albergo ad Oslo per venire a Stoccolma dove starò fino alla fine di Febbraio.
Appena uscita dall'albergo mi rendo subito conto che il sole oggi avrebbe fatto capolino lì ad Oslo viste le poche nuvole che c'erano in cielo (in una settimana che sono stata lì ho visto il sole una volta sola) ma bisognava partire.

In volo passiamo sopra alle nuvole e il sole splendeva... non tanto alto ma splendeva.
Nella discesca dobbiamo rituffaci nell nuvole e addio sole... chissà per quanto...
All'arrivo all'aeroporto vedo subito il taxista dell'istituto che era lì per prendere me ed una prof spagnola. Mi chiede quanto starò qui, rispondo fino a fine febbraio e aggiungo "avrò modo di vedere il sole almeno una volta, no?!" Sogghignando mi risponde: "Non contarci troppo!"
sob..
Un passante gli chiede se avrebbero accettato la sua carta di credito alle macchinette dei biglietti, risponde "Certo! Siamo in un paese civile qua!" (By the way: la mia francese non funziona e devo usare sempre quella italiana).
Arrivata la spagnola ci inoltriamo nelle radure innevate.
Il taxista si lamenta che è troppo caldo (5°) e che ieri è piovuto tutto il giorno e quindi si è sciolta tutta la neve (vi anticipo che una volta arrivati ai nostri appartamentini non ci ha accompagnati con la macchina fino davanti perché la neve attorno era talmente alta che non si sarebbero aperte le portiere dell'auto).

Dopo una 40ina di km arriviamo.

Ecco...

La residenza che ci accoglie per questo semestre è un castello. Si racconta che il suo costruttore fosse quel matematico che ha portato via la consorte a Nobel e per il colpa del quale non ci sia il premio Nobel in matematica... Ma leggende a parte il posto è di uno spettrale inaudito.
Ci inerpichiamo su per una collinetta innevata tra alberi scheletrici nel buio pesto delle 5 del pomeriggio:



... dopo poco arriviamo al castello:




Direi che si commenta da solo...

Aggiungo solo che gli interni sono in legno antico (tanto che nel foglietto delle istruzioni c'è scritto di non apoggiare la tazza del caffè sul tavolo perché si potrebbe rovinare ma di prendere sempre degli appoggiabicchieri), ci sono corna di non so che bestie attaccate alle pareti e arazzi polverosi da tutte le parti.
Anche le lampadine le hanno prese in stile: fanno luce quanto una candela fumigante.
La segretaria parla un inglese così british che mi rintontisce.
Sembra di essere nel medioevo.
Castello, leggende di matematici e amori, arredamento degno del fantasma di Canterville, alberi sceletrici che svettano contro il cielo in mezzo a km di neve e... buio... tantissimo buio...

Non penso che questa volta sopravviverò.

Qui l'allegra veduta dalla finestra di casetta:





Concludo con la foto del simpatico matematico che è rimasto nella leggenda per la storia della ripicca di Nobel chiosando che guarda caso di nome si chiama "Gösta"