venerdì 25 marzo 2011

La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire

Prendo da Emergency:

La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire


Ancora una volta i governanti hanno scelto la guerra. Oggi la guerra è “contro Gheddafi”: ci viene presentata, ancora una volta, come umanitaria, inevitabile, necessaria.

Nessuna guerra può essere umanitaria. La guerra è sempre stata distruzione di pezzi di umanità, uccisione di nostri simili. Ogni “guerra umanitaria” è in realtà un crimine contro l’umanità.

Nessuna guerra è inevitabile. Le guerre appaiono a un certo punto inevitabili solo quando non si è fatto nulla per prevenirle.

Nessuna guerra è necessaria. La guerra è sempre una scelta, non una necessità. E’ la scelta criminale e assurda di uccidere, che esalta la violenza, la diffonde, la amplifica, che genera “cultura di guerra”.

“Questa é dunque la domanda che vi poniamo, chiara, terribile, alla quale non ci si può sottrarre: dobbiamo porre fine alla razza umana o deve l'umanità rinunciare alla guerra?

Dal Manifesto di Russell-Einstein, 1955

Perché l’utopia diventi progetto, dobbiamo innanzitutto imparare a pensare escludendo la guerra dal nostro orizzonte culturale e politico.

Il nostro “NO” alla pratica e alla cultura della guerra è un ripudio definitivo e irreversibile, è il primo passo per fare uscire la guerra dalla storia degli uomini.

“La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire”

Albert Einstein

FIRMA L'APPELLO SU http://www.dueaprile.it/firma.php

Primi firmatari:

Gino Strada, Carlo Rubbia, Luigi Ciotti, Renzo Piano, Maurizio Landini.

martedì 22 marzo 2011

IL PROBLEMA NON E' SE SIA GIUSTO O MENO BOMBARDARE LA LIBIA.

Da A-Twani (il viaggio di quest'estate in Palestina), un volontario di Operazione Colomba scrive sul suo blog.




IL PROBLEMA NON E' SE SIA GIUSTO O MENO BOMBARDARE LA LIBIA.

Scrivo da At-Tuwani, a sud di Hebron, territori palestinesi occupati.

Stamattina davanti a casa nostra un palestinese è stato accoltellato da un colono israeliano; forse il fatto che qui ci siamo noi dell'Operazione Colomba ed altri volontari internazionali permetterà che il suo aggressore venga individuato. Sono convinto che la nostra presenza a sostegno della scelta nonviolenta del villaggio ha permesso che queste persone siano ancora qui e non profughe e disperate in qualche terra non loro.

Quindi vedo la situazione della Libia da un punto di vista particolare, quello di chi ha la fortuna\privilegio di vedere in azione l'alternativa alla guerra. Il problema non è se sia giusto o meno bombardare la Libia. Non è giusto, punto. La coscienza ci dice che la guerra non si fa mai, che nessuno può proclamarla, neanche il Presidente di una nazione potente e ricca.

Lo dice anche la Costituzione italiana: non è mai accettabile né umana, men che meno quando dietro le motivazioni ufficiali ci sono interessi economici. Non è accettabile che il governo di Gheddafi spari sulla popolazione libica né che l'occidente bombardi la Libia. Il problema non più rimandabile è costruire una alternativa alla guerra; se l'unico strumento che conosciamo per risolvere le crisi è il bombardamento, useremo sempre quello: lo abbiamo fatto ieri, lo facciamo oggi, lo rifaremo domani. Il nostro paese investe nello strumento militare in maniera crescente, nonostante la crisi, vende armi (siamo il primo venditore di armi alla Libia), si accoda ansioso ogni volta che c'è da farsi vedere; bombardare e far la guerra è il nostro modo di chiedere di essere accettati dai governi che contano.
La coscienza ci dice di non fare accordi con chi uccide, la nostra intelligenza ci aiuta a capire che la guerra di oggi è preparata da tante scelte miopi ed egoistiche: abbiamo sovvenzionato per decenni Gheddafi per mantenere il nostro stile di spreco, lo abbiamo sostenuto nella sua guerra ai poveri in fuga dalle guerre africane per paura di far arrivare dei profughi in Italia ed Europa. La coscienza ci dice che non si può far la guerra senza diventare meno esseri umani e che la nostra vera crisi non è economica, ma morale.
La nostra coscienza ci chiede di investire con forza sull'intervento nonviolento civile, lo dico nel clima di esaltazione che produce la violenza, lo dico sapendo che tra non molto tempo faremo i conti con l'ennesimo bilancio fallimentare (Iraq, Afganistan...).
La nonviolenza funziona, ma non è fatta di parole né di soli no alla guerra: chiede di essere provata, vissuta, chiede meno chiacchiere e più persone vere pronte anche a rischiare la vita: è lo strumento di oggi, su cui come paese dobbiamo assolutamente puntare.
La diplomazia ufficiale è superata.
Lo strumento della guerra è superato.
E se non lo vedete ora, ci aspettano altri anni di menzogne e guerre.

K.