lunedì 20 dicembre 2010

Two new videos from Southern Hebron Hills - Due nuovi video dalle colline a sud di Hebron

Ricevo da Operation Dove e inoltro.

Operation Dove announces two new videos from Southern Hebron Hills now available on YouTube

(segue in italiano)


1) Israeli army demolishes water cisterns in Khashem Ad-Daraj, South Hebron Hills: http://goo.gl/OK4zx

The video refers to the demolition of three water cisterns and two old wells in the bedouin villages of Khashem Ad Daraj-Hathaleen, in South Hebron Hills, on last December 14, 2010.

The related press release is available here: http://goo.gl/WlxTk


2) Children Solidarity March in At-Tuwani, South Hebron Hills: http://goo.gl/eLOkD

On the morning of Thursday 25th of November, after the end of classes, children from At-Tuwani school, together with some villagers, teachers and internationals, demonstrated in solidarity with their schoolmates living in the nearby villages of Tuba and Maghayir al Abeed and to protest against the negligence of the military escort that everyday should assure them a safe journey to and from school.

The related press release is available here: http://goo.gl/igpRk


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Segnaliamo due nuovi video dalle colline a sud di Hebron disponibili su Youtube:


1) Esercito israeliano distrugge cisterne d'acqua a Khashem Ad-Daraj, colline a sud di Hebron: http://goo.gl/VLhZh

La mattina di martedì 14 dicembre, cinque bulldozer, scortati da mezzi militari di esercito israeliano, border police e DCO hanno demolito cinque cisterne d'acqua nei villaggi beduini dell'area di Khashem Ad Daraj-Hathaleen.

Per maggiori informazioni: http://goo.gl/Dg3Mn


2) Marcia di solidarietà dei bambini palestinesi della scuola di At-Tuwani, colline a sud di Hebron: http://goo.gl/BsYjT

La mattina di giovedì 25 novembre, al termine delle lezioni, i bambini della scuola di At-Tuwani, assieme ad alcuni abitanti del villaggio, ai docenti e agli internazionali presenti, hanno manifestato in segno di solidarietà verso i compagni provenienti dai vicini villaggi di Tuba e di Maghayir al Abeed e per protestare contro la negligenza della scorta militare israeliana che ogni giorno dovrebbe garantirne la sicurezza nel tragitto da e per la scuola.

Per maggiori informazioni: http://goo.gl/wVaDj


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Operation Dove - Nonviolent Peace Corps
Palestine/Israel
Ass. Comunità Papa Giovanni XXIII

lunedì 13 dicembre 2010

A/da casa

Ieri sono riuscita a fare qualche foto.
Ve ne metto qualcuna qui si seguito:

























giovedì 9 dicembre 2010

... e luce fu!

Oggi mi hanno portato la luce in casa!
:) :) :) :)
Beh... volete mettere che soddisfazione?
Se l'avessi avuta fin da subito mi sarebbe sembrata una cosa normale e oggi non sarei stata cosi` contenta!
(per il riscaldamento bisogna ancora aspttare... ma non chiediamo troppo..)

martedì 7 dicembre 2010

cervello e tensori

Quest'estate ero rimasta molto colpita da una conferenza in cui raccontavano come coi tensori si riuscivano a costruire delle macchine che si muovessero solo con la forza del pensiero.
Oggi a tavola mi hanno raccontato che si puo` fare anche il giochino inverso: ossia mandare impulsi al cervello in modo tale che il tuo corpo si muova in base agli impulsi che riceve (tipo alzare braccio destro...)
Glom... inizio ad avere qualche crisi d'identita`...

lunedì 6 dicembre 2010

Vanghe


Fine settimana passato a traslocare... ora la casa nuova non solo e` al freddo e al buio ma e` pure piena di 1001 ostacoli fatti di cassette con vestiti, libri, saponi, stoviglie...

Ora ho finalmente tutto in casa... da` sicurezza sapere che c'e` tutto... poi se l'ultimo paio di calzini puliti e` nella cassetta in fondo a tutte le altre in fin dei conti fare un po' di ginnastica per sostare cassette non puo` che farmi bene... i metodi di riscaldamento naturali sono i migliori.

La lavatrice non l'ho ancora provata... se la luce non regge i fornelli (elettrici) sara` difficile che regga la lavatrice... per ora continuo ad accumulare roba (devo solo non confondere la montagna di roba sporca da quella pultia)

Avevo capito che mi avrebbero messo il riscaldamento oggi... ma stamani, mentre si scavava in giardino con zappe e pale alle 8 del mattino, mi hanno detto che il riscaldamento arrivera` questa settimana... gia`... oggi appartiene ad uno dei giorni di questa settimana... ma non e` l'unico giorno...

Gli scavi in giardino alle 8 del mattino sembravano essere fondamentali ed indispensabili per l'uso di internet.... mah... se mettessero la stessa energia per girare i pomellini che avviano il riscaldamento e che alzano la potenza della luce sarei piu` contenta... vorra` dire che imparero` a scaldarmi con la ventola del computer...

giovedì 2 dicembre 2010

Casa Nuova

Ieri mi hanno dato le chiavi della casa nuova!
E` bellissima, e` tutto nuovissimo, i colori sono un po' flash (appena ho un po' di tempo vi metto le foto... cmq trattasi di giallo e arancione)... ha solo qualche piccolo problemino:

tipo che la luce sarebbe bene che restasse attaccata per piu` di 5 minuti consecutivi,

oppure che il nuovissimo e fantastico riscaldamento a pavimento funzionasse,

oppure che le finestre con doppi o tripli vetri nuovissime si aprissero senza dover piantare i piedi contro al muro ed invocare la forza di grayskull

oppure che dopo aver imparato come si chiude la porta qualcuno mi insegnasse anche come si apre (non e` carino che tutti i giorni io entri ed esca dalla finestra come oggi... se mi vede la polizia come faccio a spiegargli che non riesco ad aprire la porta di casa mia?)

ma soprattutto sarebbe bene che o bonificassimo il mio posto macchina o che me ne venisse assegnato uno fuori dalle sabbie mobili: ieri sera con l'intervento di un camion siamo riusciti a tirarla fuori in tempo prima che sprofondase fino agli sportelli... abbiamo infangato solo le ruote... vabbeh che ha funzionato pero` non si puo` giocare tutti i giorni a quel giochino li`... anche perche` oggi la mia piccola Micra sembra la Macignomobile quando dichiara guerra a Dick Dastardly a suon di sparafango e sparasassi... e non mi sembra che le macchine dietro di me gradiscano i regalini...

Per il resto pero` e` tutto fantastico: vista sul paesino medievale, giardinetto bellino, siepina nuova che sta crescendo, lavastoviglie (yuk), box doccia formato famiglia... i bambini della padrona che appena mi vedono iniziano a strillare (sono in tre e quando il piccolo urla il grande ride e il medio non sa chi dei due imitare...)
Insomma... tutto bene!
;)

Vi metto qui di seguito qualche foto del paesino dove abito ora rubata in iternet.




martedì 30 novembre 2010

GF

Rientrata in Francia dopo una settimana di trottolamenti tra Trento, Brescia, Bologna, L'Aquila e Padova... Quando ieri notte sono arrivata alla base ero un po' stanchina.

Oggi in ufficio il termo non andava,
in costa azzurra non e` un problema enorme, pero` comunque si fa sentire.
Abbiamo chiesto alla segretaria chi contattare per sistemarlo,
senza fare ne` tanto ne` quanto e` ventua nel nostro uffico
e invece che guardare il termo si e` diretta con decisione verso le finestre.
Non essendo ben sicuri che fosse molto educato da parte nostra farle notare che le avevamo chiesto una mano per il termo e non per le finestre,
io e il mio compagno d'ufficio ci guardiamo l'un l'altro e aspettiamo che ci dica qualcosa.
"E` la finestra che non si chiude bene!"
???
Smanettiamo un po' per bloccare la finestra che non ne voleva sapere di starsene chiusa
e,
come per magia,
riparte automaticamente il termosifone...
glom...
alla faccia del grande fratello...

venerdì 12 novembre 2010

... a che piaga eravamo rimasti?

Ormai non le conto più... questi viaggi mi stanno letteralmente stralunando.

Ierilaltro Nizza-Appennini.
L'avete mai fatta l'autostrada della costa?
Bella, sì, bellissima:
mare, sole, dirupi... bellissima...
ma anche curve, ponti, zero corsia d'emergenza...
al calar del sole ci si è messa pure la pioggia...

Ieri Appennini-Pavia.
Allo snodo per il Brennero tutti bloccati.
Passato lo snodo l'autostrada si libera dalle macchine ma si riempie di nebbia.
Ma almeno in autostrada mi consolavo con la presenza di qualche camion che condivideva la mia sorte e con le sue lucine rosse colorava un po' quel grigiore...
Uscita dall'autostrata... evidentemente devo essere uscita solo io... Non vedevo più nulla... c'ero io e la nebbia e basta... i cartelli erano pressoché illeggibili... Ho impiegato quasi un'ora dall'uscita dell'autostrada per arrivare all'albergo.
Uggia massima.

Stamani a piedi dall'albergo all'università. Ancora tanta nebbia.
Concorso.
Poi via di nuovo alla volta della Costa Azzurra.
A Nizza i cartelli luminosi segnalano un "busson"... sarà un incidente?
Macchine ferme.
Esco convinta di fare una furbata.
Resto bloccata nel traffico cittadino e ci vuole quasi un'ora per fare 30 km...
ma poi... "casa"...
Un nuovo calabrone morto ad aspettarmi in salotto (non c'era mercoledì quando sono partita, ne sono certa! Da dove arrivano i calabroni?)

Cosa succederà domani?

mercoledì 10 novembre 2010

Terza piaga

Ecco la terza piaga: il terremoto.
Tranquilli, niente di grave: solo un po' di tremolio degli oggetti sui mobili ma tutto ben saldo.
(Oggi me ne torno in Italia)

domenica 7 novembre 2010

Seconda piaga

Dove eravamo rimasti?
Già, salvati dal poliziotto tentiamo di sopravvivere alla notte.

Notte non facile per nessuno:

- Lalle presa da attacco di claustrofobia strappa la tentda che avvolge il letto.
- Iac si offre come prode scudiero per difendermi dalle zanzare e la mattina riporta i segni della battaglia: tantissimi pinzi enormi.
In farmacia ci dicono che si tratta di "mouche d'olivier", un'insettino piccolissimo ma cattivissimo.
Ci rifilano pomata e pillole al cortisone.

Attendendo la terza piaga Iac se ne fugge a Tolosa e Lalle avrà presto un terzo concorso che la riporterà nuovamente in Italia.

Lalle va in Francia

Trasloco Trento - Nizza.
Il G. ci mette il jeppone.
Lalle jeeppata dagli Appennini se ne parte mezza carica di bagagli per le Alpi.
Vuota casa a Trento.
Nel frattempo si tramuta in "piccola agente immobiliare per una settimana" per aiutare l'agenzia vera e propria a locare nuovamente l'appartamento che stava lasciando (l'ultimo trovato sembrava un nipote di Michael Jackson, un talebano ed un gangster).

Il contratto a Nizza sarebbe dovuto iniziare il giorno della commemorazione dei defunti, ma l'indomani ci sarebbe stato il primo concorso dell'anno a PD...
quindi... si rimanda la firma del contratto.

Il 3 si parte belli carichi con libri, vestiti e stoviglie da Trento alla volta di Padova.

Fin da principio sembra chiaro che le avventure non mancheranno:
Vicenza, Padova e lo snodo autostradale di Verona sono allagati.
Niente autostrada e via per la Valsugana.
Anche solo fare rifornimento non è stato facile: con l'autostrada allagata alcune pompe di benzina erano a secco.

Padova, il conocorso iniziava alle 14, ma Lalle convocata per le 17.30 per 20 minuti di colloquio.
Ore 18 già in macchina di nuovo per una gloriosa transitalia senza autostrada (ancora allagata).
Statale fino a Cremona (da Padova).
Nebbia in Valpadana (in notturna),
poi finalmente autostrada.
Verso mezzanotte mancavano ancora un centinaio di chilometri a Torino.
Cosa ci va a fare Lalle a Torino?
Un altro concorso... tanto era di strada...
Mezzanotte crolla dal sonno e si chiude in macchina in un autogrill a riposare poi riparte.
All'1 am a Torino.

Mattinata del 4 passata all'umido colorato autunnale del Valentino in un baretto all'aperto a preparare le slides per il concorso del pomeriggio.
Convocati in 60 in un'auletta per 10 persone.
15 minuti di colloquio senza lavagna seduti davanti ai commisari.
Cena e dormita da amici di I. (grande esperienza digestiva).

Mattina del 5 di nuovo a cavallo della jepp con I. che deve andare a Tolosa (quindi cosa c'è di meglio che farsi una transitalia jeeppata?).
Si parte nella nebbia.
(Quasi all'ingresso dell'auostrada per Savona incontriamo un simpatico cartello "vietato pascolo vagante"... "vuoi mai che ci siamo persi?".. no, no... bene così!)

L'autostrada è tutta un ponte e tutta curve, il sole si apre e il panorama verso il mare è davvero splendido... ma la tensione di guidare in un'autostrada piena di toranti si fa sentire.
Tante soste.
Arrivo in Francia un po' stralunati.

La prima casa che mi "accoglie" è a Valbonne... un bel paesino elegante francese a pochi km da nizza, curato e turistico.







Casa antica... come i suoi impianti... Il primo a dare segni di squilibrio è quello del gas.
Accendiamo il frigo, e tutto ad un tratto parte l'allarme e una puzza di gas fortissima...
cerchiamo di capire da dove venga...
è la bombola sotto alla stufa...
tentiamo di chiuderla ma non smette di puzzare...
Apriamo finestre e corriamo in strada a cercare aiuto.
Tabaccaia sembra conoscere un plombier.. ma si tiene per lei l'informazione... cortesemente salutiamo...
Barista chiama plombier... plombier risponde solo con voce registrata da segreteria.
Agenzia immobiliare... (vuoi che non abbia un numero di un plombier?!) Avremmo dovuto diffidare dal cognome italiano dell'agente... ma la fretta di risolvere il problema non ci ha fatto meditare sull'eventuale perdita di tempo.
Pagine gialle... i soli plombier che ci rispondono verrebbero la prox settimana... ...mhm...
e adesso?
Torniamo in casa sperando che il puzzo sia passato... ma ahimé è sempre più forte.
Mi decido a chiamare il babbo in Italia (il babbo risolve sempre tutti i problemi). Tante dritte sul da farsi. Riusciamo a chiudere la bombola... ma non capiamo se esce ancora gas...
Stiamo quasi quasi per giocarci l'ultima carta: il prete ;) quando ci viene in mente l'agenzia del turismo.
Senza fare ne tanto ne quanto chiamano la polizia.
Un poliziotto dai caratteri magrebini inizialmente ci prende un po' in giro pensandoci degli assoluti sprovveduti che non sanno nemmeno chiudere una bombola... noi ridiamo perché i fin dei conti aveva ragione... ma si offre per venire a vedere e darci una mano... just in case...
Non vi dico cosa troviamo appena mette le mani su quella bombola.
Tubo della bombola più piccolo dell'attacco... stava tutto insieme con lo scotch.......

!!!!!!!!!!!!!!


Il poliziotto ci fa capire che la cosa così non è molto a norma... e ci spiega quali bombole vanno bene per quel tubo lì e se ne va non si sa bene se più allibito o sconvolto ma di certo pago di aver fatto il suo dovere ed aver salvato il paese dall'esplosione.
Decido che non aprirò mai il gas!

mercoledì 15 settembre 2010

Idan Barir è un ex soldato israeliano da Tel Aviv

Il racconto che pubblico di seguito è apparso su http://theforgivenessproject.org.uk/


Scendere dall'alto di questa collina dell'insediamento nella città di Jenin fu come andare dal paradiso all'inferno.


Da bambino ho avuto una idea molto chiara di quello che è stato patriottismo. Ero cresciuto con le immagini dei combattimenti gloriosi del 1967 e volevo essere come quei grandi eroi israeliano che erano entrato nella città vecchia di Gerusalemme.

Nel 1999, l'anno dopo sono stato arruolato, mi è stato inviato per la prima volta ai territori occupati, a nord di Nablus. E 'stato molto tranquillo e non abbiamo visto nessuna azione militare. La seconda volta, però, è stato molto diverso. La seconda intifada era appena scoppiata e siamo stati inviati in una zona frenetica vicino a Jenin. La nostra base era una soluzione quasi deserta chiamata Kadim, che aveva appena otto famiglie rimanenti. Scendendo da questo insediamento in cima alla collina nella città di Jenin, era come andare dal cielo giù in un inferno.

E 'stato un momento del tutto folle. Armati di pistole attacavamo i ragazzi che avevamo solo pietre attraverso serre di pomodoro e melanzane. Siamo stati addestrati a credere che ogni palestinese era una minaccia. Con la quinta settimana, quando tutte le serre palestinese erano state distrutte e quando avevamo calpestato tutto, abbiamo costruito le trincee militari dove una volta crescevano i pomodori e le melanzane.

Nell'aprile 2000, siamo stati portati a Hebron e inviati a una soluzione molto religiosa dove gli uomini portavano kippahs in testa. Uno dei fiaschi dell'operazione israeliana era il giardino di Kaleb. Kaleb era un colono cresciuto tra le vigne, nel cuore di una piccola cittadina palestinese. Arivvò attraverso il suo giardino alle 6 e se ne andò al tramonto e dieci di noi avevano il compito di sorvegliarlo qualsiasi ora. Fu durante uno notturno qui che sono diventato molto timoroso e cominciai a pensare a quello che stavamo facendo era ridicolo e ridondante. Dieci vite di persone venivano messe in pericolo per il bene di un idiota vignaiolo.

Una volta fuori dall'esercito sono stato trasferito a una unità riservista e nel 2006 siamo stati chiamati nuovamente a Jenin. La nostra base era un posto di blocco su una collina molto piccola, recintato con muri di cemento alti. Volevamo condurre incursioni notturne e imboscate con gas lacrimogeni solo per il gusto di farlo. Per alcuni è stato divertente, ma io sentivo che era una cosa senza scopo. Più tardi sono stato inviato a Qualquiliya a servire in un posto di blocco agricolo. Ogni mattina, avrevamo un incontro su un grande portico che si affaccia Tel Aviv. Il mio comandante ricorda in tutto il paese cercando di farci credere che questa era la terra che dobbiamo difendere. Avevano bisogno di darci uno scopo. Ci disse che avremmo affrontato numerose minacce durante il nostro tempo del dovere, compresi gli attacchi di coltello ed i tiri, ma la minaccia che ha generato più paura in noi è stata quella del Machsom Watch - un gruppo di attivisti per la pace israeliano femminile che stanno in silenzio con posti di blocco per protesta contro l'occupazione israeliana. Il mio ufficiale superiore ha detto, 'Se un palestinese ti minaccia è molto facile perchè si può sparare loro in testa, ma purtroppo non si può sparare al Machsom Watch'.

Come è accaduto, in quello stesso giorno, il Machsom Watch è venuto al mio posto di blocco e ho avuto modo di parlare con una donna molto bella dai capelli grigi che mi ha ricordato mia nonna. Io non ha accettato tutto quello che mi ha detto, ma ero orgoglioso che lei fosse lì.

Pochi mesi dopo, ero in viaggio in Germania, quando ho incontrato un palestinese di Ramallah che lavorava come cameriere. Il suo nome era Ahmed e mi ha raccontato una storia terribile di come era stato arrestato dalle forze di sicurezza israeliane e tenuto in un centro segreto per dieci giorni. L'investigatore aveva messo in una bara mezza piena d'acqua e lo lasciò lì per sei giorni. Ha detto il primo giorno non la toccò. Il secondo giorno aveva cacca e pipì su se stesso e le sue gambe cominciarono a congelare. Il terzo giorno, urlava e urlava, e dal quarto giorno stava pregando per la sua vita promettendo di dire loro ciò che volevano sapere. Lui era molto arrabbiato con gli israeliani e mi ha detto che in un altro tempo e luogo mi avrebbe ucciso.

Ciò che infine mi ha fatto capire che la violenza non era la soluzione stava vedendo in televisione le immagini della Israeli Defence Force (IDF) sul bombardamento alla periferia di Gaza con proiettili di artiglieria di fosforo. Nella formazione che avevamo sempre detto che era contro il Convenzioni di Ginevra per l'uso del fosforo, Ma giorno dopo giorno ho visto che queste bombe venivano usate e quindi ho sentito il portavoce militare israeliano negarlo a sera. Sentivo il mio mondo morale in collasso. Ero cresciuto credendo che l'esercito non ha mai mentito. Questo fu l'inizio di un nuovo modo di pensare per me. Ho scritto una lettera a mio comandante e dissi loro che non era più disposto a prendere parte ad un combattimento nei territori occupati palestinesi.

Come un israeliano provo così vergogna che il nostro esercito dica bugie. Inoltre, sentendo la storia di Ahmed ho provato ancora più vergogna. Se avessi la possibilità di incontrare di nuovo Ahmed gli direi: 'Io combatterei la guerra per voi, ma voglio che tu convinca gli altri che la vendetta non è la via da seguire.' Io non cerco il perdono da quelli che ho 'ho fatto male perché so che non lo otterrei. Né mi sento di avere il diritto di perdonare me stesso e liberarmi di colpa, o il forte senso di vergogna che provo. Il perdono deve essere qualcosa di più pratico che entrambe le parti possono trarre beneficio. Se traformiamo il tunnel della vendetta in qualcosa di costruttivo, allora questo è il perdono.'

sabato 4 settembre 2010

Israele-Palestina 5 Agosto 2010

Un gruppo di ragazzi si sveglia presto per andre a fare l'ultima visita e preghiera al Sepolcro.
Mentre i ragazzi fanno l'ultimo incontro di gruppo per riassumere e ricapitolare le esperienze fatte durante il viaggio, I. ed io ne approfittano per farci un ulteriore giro per Gerusalemme.
Andiamo alla chiesa della Natività di Maria presso i Padri Bianchi.


Cerchiamo poi di trovare un internet café per controllare il volo: tutti gli indirizzi citati dalla Lonely sono o chiusi o inesistenti, ma con un po' di fortuna ne troviamo uno accanto all'albergo: il volo è confermato, per cui possiamo partire di buona lena col solito pulmino alla volta dell'aeroporto. Qui c'è una grande trafila di controlli: il primo ancor prima di entrare nel recinto dell'aeroporto. Un poliziotto chiede i documenti all'autista e al collega (il referente arabo dell'agenzia turistica italiana) e poi fa scendere F. per un interrogatorio breve ma dettagliato. Specie sui luoghi da noi visitati. F. sceglie di menzionare anche Hebron, per cui anche per noi la consegna sarà di dire la verità.
L'interrogatorio grosso è riservato a F. e S. (che è in testa al gruppo). Noi altri dietro ce la caviamo con una lunga attesa di un'oretta e con delle domande standard. Al controllo delle valigie passano tutti tranquilli tranne ovviamente io... non so come abbiano fatto a vedere ai raggi X dentro al mio zaino che il libro che avevo era un libro illustrante la situazione di Hebron... fattostà che mi fermano, mi aprono tutta il mio zaino per arrivare a quello, mi chiedono dove l'ho comprato e perchè... rispondo... e festa finita...
Arriviamo al gate: panino israeliano per pranzo, partitella a carte e poi si sale a bordo.
Il volo è "Neos", il pranzo che ci viene servito è di assoluto rilievo: lasagne, insalata, dolcetto sacher fresco. E da bere ci viene servito vino quasi a volontà. Una compagnia da segnalare!
Arrivati a Verona è il momento dei saluti: alcuni dei ragazzi coi lucciconi, altri sommersi dai genitori curiosi di sapere delle avventure.
Noi ci dirigiamo al parcheggio low-cost a recuperare la macchina proprio quando sta scoppiano il temporale (che ovviamente prendiamo in pieno ed arriviamo alla macchina fradici). Per la strada accendiamo il riscaldamento a 28 gradi. Un bel salto dall'afa di Gerusalemme. Che fortunatamente però non causa malanni nei giorni successivi. Visto il maltempo decidiamo di rientrare a Trento per la strada normale (il temporale era talmente forte che non me la sentivo proprio di prendere l'autostrada).

E con questo si conclude il nostro racconto delle viaggio.

-FINE-

Tamar (Combattants For Peace)

Appunti di un incontro.

Non si sente di essere un "israeliano medio", nel panorama nazionale è anzi molto estremista. È amica di Rami del parents' circle. È cresciuta in una piccola città di Galilea. Non è religiosa.
In Israele, sionismo ed esercito sono una specie di religione. Prova una certa emozione quando cammina sulla terra di Israele, ma differentemente dal sionista tipico non ha problema ad accettare che non sia esclusivamente sua. Nella mentalità sionista, essere un buon soldato è un ideale molto sentito fin da bambini, ed entrare a far parte di un corpo d'élite dell'esercito è il sogno di molti giovani. Anche negli appuntamenti romantici è argomento tipico di parlare del reparto in cui si è svolto il servizio militare. La celebrazione del "memorial day" è molto sentita in Israele ed ha aspetti molto bellicosi di incitamento a combattere contro tutto il resto del mondo che ce l'ha con Israele.
Uno degli eventi principali organizzati da
"Combattants For Peace"
è un "memorial day" alternativo, cui partecipano sia israeliani che palestinesi e si riflette su come si possano risolvere i conflitti senza combattere. È stato già organizzato per cinque anni a Tel Aviv con grande successo.
Combattants for peace coinvolge persone che hanno combattuto, sia nell'esercito israeliano (IDF, Israeli Defense Forces), sia come "terroristi" o "combattenti per la libertà" (a seconda dei punti di vista). Tutti sono accomunati dall'idea che combattere non serva allo scopo della pace e della sicurezza, anzi.
Inizialmente le due parti si guardavano con grande sospetto reciproco e c'era grande nervosismo. Poi le persone hanno capito che la situazione era simmetrica e si sono rilassati. Svolgono anche azioni non-violente contro l'occupazione, nell'idea che la giustizia sia un prerequisito per la pace. In particolare sono contro la "normalizzazione" del conflitto e dell'occupazione. La soluzione politica intravista è quella dei due stati.
CfP ha organizzato uno spettacolo teatrale che viene presentato davanti a gruppi di soldati, e in cui i soldati vengono rappresentati in maniera molto perturbante. Ci sono pure del palestinesi che recitano il ruolo dei soldati israeliani: è un ottimo modo per entrare nei panni dell'altro e capirne le ragioni. Purtroppo è molto più facile avere visibilità sui grandi giornali internazionali quali il Guardian o il New York Times che sulle testate nazionali israeliane. Addirittura si presentano solo quando succede qualcosa di violento in occasione di qualche evento.
La sua esperienza nell'esercito non è stata di combattente. Lavorava a Sderot come insegnante nelle scuole. Ha comunque ricevuto tutto il training alle armi ed è stata molto imbevuta di ideologia sionista. La conversione al pacifismo non è stata per lei improvvisa, ha iniziato ad interessarsi alla politica quando è venuta a Gerusalemme. Da studentessa universitaria ha visto il muro e come questo taglia i centri abitati a metà (c'è un caso in cui divide il giardino di una scuola a metà). La gente normale in Israele sa molto poco di quanto succede realmente nei territori e delle condizioni di vita dei palestinesi. Ad esempio pensano che i palestinesi godano della piena cittadinanza di Israele, mentre i cittadini di Gerusalemme possono in realtà votare per il comune ma non per il parlamento.
Come associazione, CfP organizzano gite nei territori per far conoscere alla gente la realtà e, p.es., sfatare le leggende sulla pericolosità di andare nei territori. Di prima battuta, la gente trova le opportunità offerte dalle colonie interessanti: terra e case a buon prezzo, aiuti economici dal governo, etc. Sebbene i coloni si vantino sempre di essere idealisti e disinteressati e di sacrificarsi per la causa nazionale, spesso in realtà ne hanno un grande ritorno economico grazie agli aiuti dallo stato: il governo attuale è il più a destra della storia di Israele e sostiene fortemente le colonie. La grossa differenza fra sinistra e destra in Israele è appunto sulla gestione dei territori occupati.
L'esercito offre grandi opportunità ai giovani, p.es. paga gli studi di medicina se poi uno si arruola come medico militare. Servizio militare è fondamentale per avere un buon lavoro: molte offerte di lavoro richiedono esplicitamente di aver già effettuato il servizio militare, il che taglia automaticamente fuori gli arabi. I camerati riservisti sono spesso considerati come i "veri amici" dall'israeliano medio: per questo motivo, CfP cerca di offrire la possibilità di costruirsi un gruppo alternativo di amici. Gli obiettori di coscienza che rifiutano il richiamo annuale sono visti molto male nella società e rischiano anche la galera. In gran parte dei casi non rifiutano il servizio militare in toto, solo si rifiutano di servire nei territori occupati.
I commilitoni spesso non considerano male il fatto di militare in CfP, soprattutto perché hanno un motivo ideologico per la pace. Gli ebrei americani hanno recentemente modificato le loro posizioni politiche: da ferventi nazionalisti, all'idea che la politica attuale sta suicidando lo stato di Israele. Questo spostamento a sinistra è avvenuto negli ultimi anni.
Il servizio militare obbligatorio rende la società israeliana molto violenta, volgare e priva di rispetto per la diversità, anche nel senso di semplice razzismo. Lei ha un cugino pilota di aerei militari F16 che viene spesso richiamato e ha svolto varie missioni di bombardamento in Libano e a Gaza. Praticamente non si parlano. Dopo aver ucciso gente bambardandoli senza vederli, il suo carattere è diventato molto più cinico e spiegato.
A breve termine, la soluzione del conflitto è a due stati (questo è quanto ci risponde Tamar alla nostra domanda "Che soluzione vedi per il conflitto?"). Per lei però l'idea di stato ebraico non ha senso: mentre lo aveva dopo l'Olocausto in seguito al trauma, quasi come compensazione, adesso sarebbe un'idea razzista definire la cittadinanza su base etnica. Sul lungo termine non è quindi un'opzione legittima, ma sul breve termine di qualche generazione è impossibile stare assieme dopo un conflitto così lacerante. Gli stessi palestinesi non accetterebbero infatti di stare in uno stato senza avere la piena indipendenza. Il problema più difficile da risolvere restano le colonie.
Il sionismo sta diventando sempre più nazionalista e fascista e sta facendo passare varie leggi in questa direzione. Specialmente gli ebrei russi (attualmente sono intorno al milione) sono terribilmente spaventati dalle popolazioni mediorientali, viste quasi come diaboliche. Il loro partito ha spinto per varie leggi fasciste, quali l'obbligo del giuramento di fedeltà allo stato ebraico, oppure l'interdizione di parlare della guerra del '48 come della "catastrofe". I pilastri del sionismo quali avere uno stato nazionale ebraico diventano sempre più radicali.
Gli arabi-israeliani spesso non parlano di politica per timore di ripercussioni nella loro professione. P.es. conosce un traduttore che si rifiuta di lavorare per CfP per paura di perdere il lavoro all'università; è infatti capitato che qualcuno fosse licenziato per le proprie opinione. Altri fra gli arabi-israeliani che invece si interessano di politica sono ancora più radicali del palestinesi e rifiutano una soluzione a due stati in quanto li condannerebbe a restare minoranza in Israele. Nella Knesset ci sono meno di dieci parlamentari arabo-israeliani: una maggioranza che necessiti il supporto degli arabi è detta "arab majority" e non è considerata una vera maggioranza.
È opinione diffusa in Israele che imparare dall'Olocausto significhi che debba accadere di nuovo agli ebrei; per questo motivo bisogna essere forti e sapersi difendere. Una famosa storica che lavorava come consigliere per il ministero dell'educazione è stata licenziata per aver sostenuto che si debba spiegare l'Olocausto perchè non capiti di nuovo a nessuno (e non solo agli ebrei).
Il nonno di Tamar è arrivato in Israele negli anni '20 da Kiev, è stato membro dell'agenzia ebraicam era medico oculista e fervente sionista. La nonna veniva di Moldavia. La madre è nata in Israele. Il padre aveva la famiglia in Canada ed è venuto in Israele come "eroe" per difendere lo stato.

Israele-Palestina 4 agosto 2010

Alla mattina partiamo tutti belli motivati per andare a vedere un museo ebraico, ma giusto sotto il muro occidentale F. viene colpito da un attacco dissenterico e non se la sente di continuare. Torna quindi in albergo. Noi decidiamo che il museo senza di lui sarebbe stato inutile ed andiamo invece alla spianata delle moschee. Mille controlli prima di farci entrare (ovviamente dal lato da cui entrano i non-musulmani). Ci fermiamo all'ingresso ad ascoltare M. che ci legge la guida archeologica lasciataci da F.. Fortunatamente era scritto molto in grande che si trattava di una guida storico-archeologica perché una delle guardie è immediatamente arrivata a riprenderci sospettando che stessimo leggendo la Bibbia.
Restiamo quindi a gironzolare per la spianata fin verso le 10h





e poi ci dirigiamo verso porta Giaffa.
Arrivati alla porta ci separiamo.
Con I. andiamo in cerca della fermata del bus da prendere nel pomeriggio per andare allo Yad Vashem (museo dell'Olocausto). Anche io vengo colpita da un attacco dissenterico ma cerca di resistere. Le indicazioni dell'ufficio informazioni turistiche sono piuttosto laconiche ma riusciamo comunque ad individuare la fermata del bus n.20.
Torniamo quindi in città.
Ci fermiamo a mangiare un panino vicino al suk. Intanto arrivano alcuni dei nostri che assaltano un coffee shop per fare l'esperienza del narghilè.
Sulla via del ritorno mi fermo da una signora di strada che parlava solo arabo, ma il linguaggio dei gesti è universale e riesco a spiegarle che voglio tre fichi d'india. Questa signora con le sue mani grosse e ruvide me li pela a mani nude senza colpo ferire. In effetti saranno abbastanza utili per bloccare la dissenteria.
Arrivati all'appuntamento troviamo F. che sembra stare meglio.
Prendiamo quindi il bus.
Il tragitto è lungo.
Passiamo accanto all'ennesimo ponte di Calatrava (questo sembra che vogliano demolirlo in quanto in dissonanza con l'ambiente circostante).
Arriviamo al museo, ci muniamo di cuffiette in modo da ascoltare F. che ci fa da guida col microfono.
A noi si aggrega una buffissima famiglia di romani de Roma (moglie, marito e due figli).
Il museo ha la forma di un'arca rovesciata (che simboleggia il popolo ebraico rovesciato) che poggia sul nulla e termina con un'enorme terrazza con vista su tutta la valle prospiciente Gerusalemme (popolo ebraico, guarda avanti, alzati e pensa al futuro: questa sarà la tua terra...).

Il museo è moderno e molto dettagliato. Affronta molti temi tra cui la propaganda antisemita nazista, la nascita del ghetti e la vita nei più famosi fra questi attraverso una ricostruzione basata anche su storie individuali, poi la deportazione, la "vita" nei lager, la formazione ed i generali delle SS, le fosse comuni, i fascicoli dei prigionieri e finanche la sezione dei bambini. È senz'altro un museo ricco e dettagliato, preciso e toccante
Ne esco (non solo io) con un certo senso di tristezza... non solo per le cose viste ma forse anche perché sorge sul luogo di un villaggio arabo distrutto nel '48, o forse perché in fin dei conti è difficile inquadrare l'Olocausto in una prospettiva più ampia e cercare di analizzarne le radici in senso più generale (sembra quasi sottintendere che l'Olocausto è un evento unico nella storia)...
Tralasciamo il contenuto del libro dei commenti dei visitatori.
Prima di ripartire verso la città I. fa due passi per il viale dei Giusti (quello del lacrimevole finale di Schindler's list) e poi un salto alla libreria del museo. Cerco il libro di poesie di Katsnelson che però risulta (strano!) esaurito. Curiosando fra gli scaffali si trovano classici storici, ma anche roba più moderna e pure controversa, come "Maus", l"Onda" (il libro per bambini da cui è ispirato l'omonimo film), e pure "le benevole" (...).
Doccia e cena in albergo e poi la serata continua con l'incontro con Tamar, membro dell'associazione "Combattants For Peace" che ci racconta il punto di vista dei pacifisti israelinai.
Qui il link a nostri appunti dell'incontro con Tamar.

Operazione Colomba

Operazione Colomba è un corpo non-violento di pace fondato da don Benzi.
Lavorano in aree di conflitto cercando di schierarsi solo contro le ingiustizie senza prendere posizione per nessuna delle parti in lotta, anzi il lavoro deve coinvolgere entrambe le parti. Attualmente hanno progetti aperti in Israele-Palestina, in Kosovo, in Albania, a Castel Volturno (su problemi di mafia e di immigrazione), in Colombia. Il lavoro è svolto da volontari, sia per periodi brevi (1-3 mesi), sia per periodi lunghi (1-3 anni). Prima di partire sul campo, i volontari ricevono una formazione in Italia.
Ad At-Tuwani sono presenti dal 2004 e la Colomba lavora in collaborazione con una base locale con idee non-violente. Principalmente lavora coi bambini della comunità.
Il villaggio è una comunità agricolo-pastorale nelle vicinanze del deserto, fondamentalmente molto pacifica. Nei dintori del villaggio sorgono 4 grosse colonie israeliane, abitate da religiosi ed ultra-nazionalisti; alcuni di loro neanche riconoscono lo stato di Israele attuale ma ambiscono ad una Israele biblica fino ed oltre al Giordano (vedi le due linee azzurre nella bandiera dello stato di Israele: esse simboleggiano infatti il mare da un lato e il Giordano dall'altro quali confini naturali dello stato di Israele). Molti vestono secondo i dettami religiosi con kippah e treccine e di sabato sono tutti in bianco. Curiosamente però il sabato è proprio il giorno degli attacchi più frequenti al villaggio, quasi che usino il rito del riposo come un alibi dietro cui nascondersi. In genere attaccano le case più esposte del villaggio in gruppi di qualche decina di persone, ben organizzate e spesso provenienti da varie colonie. Sul sito di O.C. sono disponibili video di attacchi. Ne linkiamo qui di seguito uno:
Coloni israeliani mascherati attaccano

E dal momento che At Tuwani sorge nella zona C (sotto controllo militare ed amministrativo di Israele), per sporgere denuncia occurre andare al posto di polizia israeliano di Qiriat Arba.
Nel gennaio 2009 le colombe hanno provato ad andare a Gaza, ma non sono riuscite ad ottenere il permesso di ingresso. Hanno ripiegato su Sderot, con l'idea di condividere comunque le sofferenze della popolazione e dar voce a chi non ha voce. In genere il rapporto coi soldati è più facile che con i coloni: spesso sono di leva o riservisti senza alcun interesse a difendere gli ultra-nazionalisti delle colonie. In vari casi hanno anzi mostrato di apprezzare il lavoro di un'organizzazione che opera super partes in nome dei diritti di tutti.
Il lavoro delle colombe è principalmente di condividere le sofferenze e la vita quotidiana della gente del villaggio. Accompagnano i bambini (da 6 a 13 anni) a scuola cercando di rendere sicuro il loro cammmino verso la scuola proteggemdoli dall'attacco dei coloni. In seguito ad un attacco di coloni che nel 2005 ha causato feriti fra volontari internazionali, i bambini hanno una scorta militare israeliana. I volontari di O.C. monitorano che tutto si svolga secondo le regole. Inoltre accompagnano i pastori con le greggi nei campi a loro abituali (che spesso si trovano nei pressi di colonie o avamposti) e stanno di vedetta per difenderli dai militari che pattugliano e/o che vengono chiamati dai coloni. Queste operazioni sono svolte da O.C. in collaborazione anche con l'analoga organizzazione americana C.P.T. (Christian Peacemaker Teams).
Negli ultimi anni si è assistito ad una "normalizzazione" dell'occupazione israeliana. Tutto è diventato più istituzionale, per esempio i posti di frontiera sono stati organizzati in maniera stabile. Il che non ha assolutamente eliminato gli abusi, per esempio è accaduto che una festa di compleanno di una soldatessa abbia bloccato per 40 minuti un check-point.
Un grave episodio di violenza ebbe luogo ad At Tuwani nel 2003. Un gruppo di coloni attacca dei pastori. C'è una lotta corpo a corpo, un pastore ruba un'arma ad un colono e lo uccide. Il giorno dopo la polizia fa irruzione nel villaggio e compie un'esecuzione sommaria del pastore davanti alla sua famiglia. Il caso è tuttora aperto e degli avvocati israeliani stanno difendendo la causa del pastore ucciso sommariamente per vendetta.
Il capo del villaggio di At-Tuwani spinge fortemente per una resistenza non-violenta, ma non è per niente facile trattenere specie i giovani da compiere atti di vendetta contro le ingiustizie dell'occupazione. Varie associazioni collaborano in questa direzione. La resistenza non-violenta consiste nel non rispondere con la violenza alla violenza ma di cercare fermamente di continuare a vivere come prima e, per esempio, riparare ogni volta i danni causati dagli attacchi. Sono stati organizzati eventi, per esempio incontri di bambini del villaggio con israeliani, in modo da combattere gli stereotipi che tutti gli israeliani sono coloni e tutti i palestinesi sono terroristi. In un'occasione fu fatta una catena umana per difendere i nuovi piloni dell'elettricità. Proprio in questi giorni, l'acqua corrente sta arrivando per la prima volta al villaggio: è un caso unico che sia stato dato il permesso di allacciarsi alla stessa rete delle colonie.
All'inizio degli anni 2000 è stata fondata una cooperativa di donne. La leader è arrivata al villaggio da una città ed ha trovato una situazione di estremo maschilismo. Grazie ad un'associazione pacifista israeliana, ha intrapreso un'attività artigianale di ricamo. Il ricavo va a sostegno dell'economia familiare e per permettere alle ragazze di proseguire con gli studi. Per le donne stesse è pure un'occasione di incontrarsi tra loro indipendentemente dai mariti. Inizialmente era formata da 7 donne soltanto (molti mariti non erano infatti contenti che le loro mogli vi si impegnassero), adesso conta 32 membri da 5 villaggi divesi e vendono i prodotti a delegazioni e gruppi di passaggio. Il fatto di essere in zona C impedisce infatti di accedere al commercio con l'estero, neppure alla rete equo-solidale. Presto ci sarà in programma una gita delle donne al mare.

lunedì 23 agosto 2010

Israele-Palestina 3 Agosto

Sveglia alle 7h.
Colazione .
8h15 si parte per Hebron in taxi.
Per evitare ritardi ai check-points in caso di controlli le persone con il timbro di entrata in Israele vengono fatte sedere nei posti anteriori del pulmino (alcuni di noi infatti avevano preferito non farsi tibrare il passaporto all'ingresso in Israele... ovviamente questo faciliterà gli eventuali spostamenti in località che hanno l'embargo su Israele, ma per muoversi all'interno del territorio di Israele può dare difficoltà... trattandosi di una cosa legale non possono fare grandi storie... solo trattenere lungamente in interrogatori ma niente più).
Alla fine non risulta necessario in quanto riusciamo a passare tutte le frontiere con facilità (miracoli della targa gialla).


Durante il viaggio F. ci racconta la genesi del sionismo come movimento puramente politico e non religioso. Interessante come sotto l'ideologia sionista i concetti e le parole del lessico ebraico religioso perdano il contenuto religioso e vengano rivestiti di ideali politici. Gli ebrei religiosi sono quindi spesso contrari al sionismo, che ritengono quasi una bestemmia. Questo processo prende radici dal marxismo, e gran parte dei sionisti della prima ora sono infatti di matrice socialista.

Per la strada incontriamo vari insediamenti, torrette di controllo agli incroci, baracche di beduini, pastori in groppa a muli.





Arrivati ad Hebron, l'autista ci saluta dandoci un apprensivo appuntamento per un'ora dopo.
Attraversiamo il suk e ci fermiamo bussiamo ad una porta, ma non c'è nessuno che risponde. Essendo la porta aperta entriamo comunque e saliamo la scala, stretta e scalcinata.
Ad un certo punto dobbiamo fermarci per far passare una pattuglia di soldati che stavano scendendo dal tetto armati di tutto punto. Alla nostra vista non ha nessuna reazione particolare e una volta passata ci lascia salire indisturbati al tetto. La nostra spiegazione è che probabilmente non avrebbe dotuto essere lì e per evitare grane ci ignora (nel senso che questa pattuglia aveva l'aria di star facendo un giro di perlustrazione nelle case passando dai tetti, ma si tratta di una cosa ovviamente illegale che, a motivo delle armi che portano in collo, nessuno protesta, ma davanti alle nostre facce evidentemente occidentali era meglio non rischiare nemmeno che noi chiedessimo loro cosa facevano lì).
Mentre aspettiamo che scendano, gettiamo un'occhiata alle "stanze": materasso e qualche resto consunto di tappeto... tutto di una povertà davvero estrema...


Sul tetto, F. ci spiega alcuni luoghi attorno a noi: gli insediamenti ai piani alti di alcune case, la scuola occupata, le strade riservate ai coloni.
Scendiamo, un ragazzino ci vende dei braccialettini elastici con le perline a rappresentare la bandiera palestinese e dei cuoricini. Tutta fiera del mio grande operato lo compro... ma poi nel togliermelo ai check points lo perdo...
Dopodiché procediamo per le viuzze sempre più deserte del suk (il paragone con tre anni fa - l'ultima volta che ero stata ad Hebron prima di questa - qui il link al racconto di allora - è abbastanza desolante, già allora parecchie attività erano chiuse... ora ancora di più).



Incontriamo un negoziante che, con libro alla mano, ci racconta dei vari insediamenti.
Passato un check point arriviamo all'edificio contenente le tombe dei Patriarchi: entriamo prima dal lato ebraico e visitiamo la sinagoga, poi, dal lato musulmano, entriamo nella moschea.



Entrambe sono erette sulle tombe dei Patriarchi Abramo, Sara e Giuseppe (quest'ultima non è però oggetto di venerazione in quanto molto probabilmente non è la vera tomba). Sinagoga e moschea sono in realtà parte dello stesso edificio seppur con entrate rigorosamente separate e per passare dall'una all'altra occore passare da un posto di blocco israeliano (abbastanza rigoroso).
Entrambe hanno vista sulle stesse tombe da lati diversi: per evitare violenze fra le due comunità, anche quest'unico contatto tra le due parti è limitato da grate metalliche e uno spesso scudo di plastica.
Usciti dalla sinagoga, prima di entrare in moschea, un negozietto ci offre il caffè nella speranza che compriamo qualcosa. Accettiamo per cortesia tutti i caffè e i ragazzi comprano da bere. Non andiamo né sulla via di Abramo né nella parte degli scavi archeologici e delle mura di Davide.
In moschea le donne devono indossare una tunica incappucciata. Nelle zone di preghiera coi tappeti, bisogna togliersi anche le scarpe.
Dopo la moschea ci rendiamo conto che siamo già quasi un'ora in ritardo e bisogna correre rapidamente al pullman.
Per la strada, mi fermo a comprare il libro su Hebron e faccio compagnia a S. che contratta con grande successo per una tunica palestinese ed una kefiah.

La presenza massiccia di forze dell'ordine ad Hebron, le usurpazioni che vediamo e che sentiamo raccontare da tutti generano un clima di silenzio anche tra noi.

Ad Hebron è presente come supporto di pace anche un gruppo europeo TIPH: incontriamo per caso un'attivista del gruppo per la strada, ma riusciamo a scambiare con lei solo quattro parole.
TIPH: Temporary International Presence in the City of Hebron

Il CPT non è invece più presente (il mio primo contatto con Hebron 3 anni fa fu proprio attraverso Jhon del CPT).
CPT: Christian Peacmaker Teams.

La parte moderna della città che vediamo solo dal pullman appare molto più viva e vivace rispetto al centro storico e al suk che ormai è drammaticamente spopolato. Gli israeliani sono infatti insediati massicciamente nella parte antica: come 3 anni fa, gli insediamenti di Hebron sono nei piani superiori delle case ed impongono ancora ai mercanti delle strade di installare delle reti per proteggersi dalla spazzatura.

Con un ritardo di 1h30 arriviamo al pullman e partiamo subito per At-Tuwani.

Sulla strada per At-Tuwani vediamo sulle cime delle colline un gran numero di insediamenti. Il panorama si fa sempre più desertico e selvaggio. Ormai non incontriamo sulla strada che camion della spazzatura, qualche sporadica automobile, dei ragazzini sui muli e donne con bambini alla mano.





Più volte siamo costretti a spiegare all'autista come fare per raggiungere At-Tuwani anche con cartina alla mano... alla fine decidiamo di telefonare a "F.a" per chiederle di venirci incontro per strada. Poi, per fortuna F. si ricorda quale fosse la strada sterrata che porta al villaggio (la seconda dopo l'indicazione per una colonia) e la imbrocchiamo.
Incontriamo subito le nostre ospiti, "F.a" ed A., due volontarie di "operazione colomba", in gergo due "colombe".
Operation Dove
Operazione Colomba

L'impatto del villaggio è di altro modo. Il luogo è caldissimo, tutt'attorno pressoché deserto, le case sono fatte da muri scalcinati, e tante tende qua e là. Ci stavano aspettando come ospiti d'onore:
gli "internazionali".





I bambini ci accolgono con un misto di entusiasmo e di attenzione a non essere invadenti e ci fanno accomodare per terra nell'aia, dove per l'occasione mettono giù dei materassini. Accanto a noi c'è un gruppo di uomini arabi che riposa. C'era infatti un'importante riunione dei capi dei villaggi circostanti: era un giorno storico, per la prima volta sarebbero arrivati ad At-Tuwani l'elettricità e l'acqua corrente. Mentre "F.a" ed A. iniziano a raccontarci la lora esperienza, due bambini (una bimba di 5-6 anni e un bimbo di 9-10) ci servono un pasto abbondante e buonissimo, con pane arabo appena sfornato da dividerci strappandolo a mano, olio d'oliva e zatar per condirlo, una tazzona di zuppa di verdure e un piatto di riso cotto nel latte.

Il tutto concluso con un thè alla menta così buone come non si era mai gustato. Non ci portano nient'altro da bere: non avendo l'acqua corrente si servono di un pozzo e la razione giornaliera è davvero minima.

Dopo l'incontro con le due colombe

(di cui riportiamo qui i nostri appunti)

abbiamo occasione di parlare anche con una donna del villaggio che assieme al marito (hanno 32 anni e sono sposati da 16 anni) ha aperto una cooperativa in cui le donne del villaggio producono piccoli oggetti artigianali da vendere a quei pochi viaggatori che passano di lì e attraverso il canale di operazione colomba; a causa delle restrizioni imposte da Israele, non possono vendere i propri prodotti al circuito del commercio equo. Questa donna è venuta a vivere ad At-Tuwani dopo essersi sposata, ma è originaria di una città costiera. Questo le ha permesso di essere di più ampie vedute rispetto alle altre donne del villaggio e di poter essere la guida in un processo di autovalorizzazione ed autocoscienza. Ci racconta anche di come l'appoggio del marito sia stato essenziale per aprire la mentalità degli altri mariti e convincerli a lasciare le donne lavorare per la cooperativa.

Dopo l'incontro saliamo al punto più alto del paese da cui si può vedere tutto il villaggio, il deserto circostante, e varie colonie.



I bambini che ci vedono passare sono molto curiosi, ci chiedono il nome, ci porgono la manina per salutarci, e poi scappano via dietro ai loro asini. Altri più coraggiosi ed intraprendenti ci fanno compagnia in cima alla collinetta: molti di loro parlano un buon inglese che ci pemette di scambiare un po' di parole in allegria. Per salire calpestiamo sterpaglie secche e pungenti che trafiggono i nostri teneri piedini di europei, ma fanno molto divertire E. che è costretto a camminare senza carrozzina. Arriviamo così alla "sala civica": un bellissimo ed ombroso albero secolare circondato da un semicerchio di sassi su cui ci accampiano in attesa dell'arrivo del capo del villaggio: un ometto sveglio, con la pelle bruciata dal sole e le mani rotte dal lavoro nei campi, ma vestito da jeans nuovi e maglietta.
Parla un buon inglese e ci racconta della sua scelta di resistenza non-violenta e pacifista in cui è riuscito a coinvolgere, non senza iniziali grandi difficoltà, i capi dei villaggi limitrofi e le rispettive popolazioni. Noi siamo stanchi e provati da queste esperienze psicologicamente impegnative, ma lui continua a parlare nonostante il calo dell'attenzione. Ci racconta di divesi atti di violenza da parte
israeliana nel villaggio: case bruciate (tra cui la sua... è stato costretto a ricostruirla nascosta dentro ad una tenda), raccolti ed alberi di olivo distrutti, bambini presi a sassate e colpi di catena in faccia e sul collo. La risposta non-violenta del continuare la vita nella sua più normale quotidianità non è facile fra abusi violenti ed impedimenti burocratici da parte dell'amministrazione militare di occupazione. Le colonie circostanti sono in parte "legali" (nel senso di riconosciute dal governo israeliano, ma ovviamente non dalla comunità internazionale), in parte "avamposti" completamente illegali anche per le leggi israeliane. Ci saluta con un messaggio da portare in Italia:
"Raccontate, non dimenticate, e soprattutto rifiutate sempre nella vostra vita ogni forma di ingiustizia".

(Qui il link ad una intervista al capo del villaggio in occasione di una sua visita a Rimini.)

Mentre I. va in cima alla collina a fare foto agli insediamenti attorno, mi metto a chiacchierare col gruppo di clown. Sono un gruppo di animatori per bambini in situazioni di disagio in giro per il mondo e stavolta passano alcune settimane ad At-Tuwani. Sono riconoscibili per il caratteristico naso rosso e, alcuni, per altri simpatici dettagli quali un fiocchetto rosso alla barba. Scendiamo quindi tutti al pullman e ci rimettiamo in strada. Per fortuna è tardi e decidiamo di non fermarci a Betlemme: proprio in quelle ore ci sono degli scontri ed alcuni pacifisti italiani vengono arrestati.
Noi invece di dirigiamo decisamente verso Gerusalemme.
Doccia, cena e poi di nuovo al Sepolcro.
I ragazzi non ci sono ancora entrati ed è per loro la prima occasione.
Il monaco russo a guardia del Sepolcro fa parecchie sceneggiate e bisogna star proprio molto concentrati per non lasciarsi distrarre.
Alle 21h tutti fuori e quindi a visitare il Muro Occidentale in notturna.
Morta cerco di resiste fino all'albergo.