mercoledì 20 febbraio 2013

L'oro della Grecia

Continuo a pubblicare i post di Francesco Moretti che potete comunque trovare sul suo blog:
http://sopravvivereingrecia.blogspot.gr/

Qui in Grecia è tutto fermo. Solo i governanti parlano di una possibile ripresa e di uno sviluppo che noi, i non appartenenti alla casta degli eletti, non vediamo neanche sforzandoci. Le tasse sono tante, ogni giorno ne inventano di nuove e con i tagli incredibili che hanno fatto a stipendi e pensioni è diventato impossibile mantenere il ritmo. Si stima che la disoccupazione nel solo settore privato sia arrivata al 60%....e io vi parlerò dell'oro.

In mezzo a questo deserto di negozi che chiudono c'è un'attività in controtendenza che radicandosi proprio sulla disperazione e sul bisogno della popolazione sta facendo "affari d'oro". Qui in Grecia nascono come funghi i negozi che offrono contanti in cambio dell'oro, si possono portare gioielli di famiglia vecchi e nuovi, monete, denti e protesi odontoiatriche, orologi e ogni cosa che contenga oro e che possa essere pesata e scambiata col denaro. Spesso in una singola strada si possono contare tre o quattro di questi negozi, quando raramente vedi ristrutturare un fondo commerciale chiuso per via della crisi puoi star sicuro che vi aprirà uno di questi "Compro oro". Da mesi è così e questo fenomeno non è limitato alla sola Atene ma a tutta la Grecia.
Alcuni giorni fa la questione è stata sollevata in parlamento e siamo venuti a sapere che aprire un'attività del genere è una cosa molto facile, non servono particolari permessi, nel giro di un giorno o due si hanno le carte in regola per aprire i battenti. Non esiste nessun, dico nessun controllo sulle bilance preposte alla pesa dell'oro, quindi è facile manometterle. Non vi è nessun controllo sulla provenienza di tutto questo oro che arriva in maniera giornaliera nelle mani di questi commercianti, facile immaginare che una cospicua parte potrebbe essere proveniente da furti in abitazioni e soprattutto non vi è nessun controllo sulle quantità di oro che raccolgono e sugli introiti legati a questo commercio. Chi in questo deserto economico ha una grande quantità di soldi in contanti può aprire un "Compro oro", nessuno chiederà da dove vengono questi soldi.

E' ancora l'oro il protagonista di questa seconda parte dell'articolo, non quello dei vecchi gioielli e dei denti del nonno, ma quello che è ancora sotto terra, quello che ancora va estratto. La Grecia, per chi non lo sapesse, ha anche una grossa e antica miniera d'oro. Nella zona della Chalkidiki ( χαλκός significa rame – la zona si trova a nord della Grecia, vicino a Sallonicco. Le tre penisole di cui una è il famoso Monte Athos, la penisola dei monasteri ) ci sono giacimenti di oro famosi fin dall'antichità.
La zona delle tre penisole della Chalkidiki è una zona di rilevante pregio ambientale, la combinazione tra foreste e mare cristallino ne fa un oasi di bellezza unica.
Sotto queste foreste secolari sono stati stimati giacimenti per 3.590.000 once di oro pari a 102 tonnellate ovvero un valore di mercato di circa 6 miliardi di dollari, inoltre 736.000 tonnellate di rame che hanno più o meno lo stesso valore. Quindi un affare complessivo di circa 12 miliardi di dollari.
Per lunghi periodi lo stato ha dato in gestione l'estrazione dell'oro a varie aziende fino ad arrivare ai giorni d'oggi. Adesso la gestione è dell'azienda Ellenikos Chrissos che è controllata per il 95% dalla Eldorado Gold (multinazionale canadese) e per il 5% dalla AKTOR (un unione di imprese di costruzione greca) che fa riferimento all'impresario Bobolas.

Per ogni privatizzazione che vi è stata fino ad oggi in Grecia il copione è stato il solito, si svende al più basso prezzo possibile le ricchezze del paese e i prescelti che se le accaparrano vengono accolti come padroni e come padroni hanno il diritto di fare ciò che vogliono senza alcun rispetto per l'ambiente e la popolazione del posto. Davanti al Dio del denaro e al fantomatico sviluppo va bene tutto, e quando dico tutto, intendo tutto, fino ad arrivare al paradosso dove le parti sono invertite, chi porta il disastro ecologico e la morte è visto come salvatore e chi si oppone cercando di salvaguardare la propria salute e l'ambiente circostante è indicato come irresponsabile, disfattista e terrorista.
Prima della Ellenikos Chrissos l'appalto era stato dato ad un'altra azienda la TVX che nel dicembre del 2003 cesso l'estrazione dichiarando il fallimento e lasciando senza stipendio tutti i lavoratori. Vi furono varie manifestazioni dei minatori ad Atene davanti al ministero del lavoro e alcuni lavoratori si chiusero nella miniera per protesta attuando uno sciopero della fame. Fu in questo clima di emergenza che tre giorni prima che scadesse il bando per il nuovo appalto della miniera, venne formata l'azienda Ellenikos Chrissos. Lo stato assegnò direttamente l'appalto alla neonata azienda senza fare nessuna gara (come invece avrebbe dovuto fare), rilevò i diritti per l'estrazione dei minerali dall'azienda fallita pagandoli 11 milioni di euro e il giorno dopo le cedette alla Ellenikos Chrissos per la stessa cifra. Il nuovo appalto venne presentato dal governo come grande successo, soprattutto perché aveva salvato i posti di lavoro dei minatori. La nuova azienda appaltatrice si aggiudico un affare da 12 miliardi di dollari pagando 11 milioni di euro per i diritti.
In realtà dietro a questo accordo si cela un affare molto sporco, tant'è vero che l'Unione Europea esaminò i passaggi dell'accordo e oltre a trovare molte scorrettezze valutò che lo stato greco aveva di fatto svenduto i diritti estrattivi alla Ellenikos Chrissos. Su questo punto si basa la sentenza dell'Unione Europea che obbliga l'azienda appaltatrice a risarcire lo stato greco per altri 15,3 milioni di euro più gli interessi. Pensate che l'allora ministro dell'economia del governo Pasok, Giorgos Papakostantinou fece ricorso verso questa sentenza dell'Unione Europea evitando così che una azienda privata risarcisse lo stato greco. Di fatto Papakostantinou usò il suo ruolo di ministro e rappresentante dello stato per favorire una azienda privata ai danni dello stato stesso. Da notare che lo stato greco a quel momento era già fallito.
La Ellenikos Chrissos vuole fare due tipi di intervento per l'estrazione, uno in superficie e l'altro nel sottosuolo. Quello in superficie avrà un diametro di 700 metri e una profondità di 200 metri, mentre per l'intervento sotterraneo faranno un tunnel a spirale lungo 25 km che si spingerà fino ad una profondità di 770 metri. Per fare questo verrà prosciugata la zona, verranno deviate le falde acquifere provocando una catastrofe ecologica che non sarà circoscritta alla sola area della miniera.
Ovviamente l'interesse dello stato, che spesso coincide perfettamente con quello dei privati non può stare a sentire le proteste degli abitanti che si vedono inquinare il proprio ambiente con il materiale di risulto, che vedranno aumentare le percentuali di morte da tumore grazie ai prodotti chimici, i metalli pesanti e le particelle che circoleranno nell'atmosfera ecc.. Cosa volete che gli importi delle raccolte di firme, delle fiaccolate, dei cortei e delle giornate di studi sul problema ecologico. Tutto è relativo e soprattutto inferiore all'interesse verso lo sfruttamento dell'ambiente e delle sue risorse.
L'estrazione dell'oro e la successiva raffinazione causano un grande inquinamento, vengono usati prodotti chimici molto pericolosi (cianuro) e soprattutto si produce una grossa quantità di acqua inquinata che poi verrà riversata in mare. Un'attività del genere sarebbe dovuta essere vincolata a stretti parametri ecologici, ad un piano di smaltimento dei rifiuti tossici, a studi sull'impatto ambientale e invece niente di tutto questo viene fatto. Per le imprese che hanno messo le mani sopra a questo affare sarebbe un peccato intaccare i propri profitti rispettando l'ambiente e le popolazioni locali e poi chi se ne frega, queste multinazionali vengono da lontano, quando l'oro sarà finito se ne andranno così come sono arrivate, lasciandosi alle spalle il disastro.
E' ancora l'ex ministro dell'economia Giorgos Papakostantinou che questa volta con il nuovo governo del 2011 veste i panni del ministro dell'ambiente ad approvare i piani di sfruttamento minerario facendo l'ennesimo favore alla Ellenikos Chrissos. Dopo ventuno giorni da ministro dell'ambiente approva la concessione per 1788 acri da destinare alla miniera di Skuria (nel centro di una foresta secolare incontaminata) e da il permesso per avviare le perizie su altri tre potenziali siti da aprire nella zona.
L'ambiente e l'uomo pagheranno un prezzo altissimo per cosa? Per quale motivo? Non si possono nascondere neanche dietro la scusa dello sviluppo. Il prezzo da pagare in termini di danno ambientale è enorme, specie se confrontato con i pochi posti di lavoro che offre. Tutto il resto dell'economia della zona legata alla montagna e ai boschi, il turismo, la pastorizia, le apiculture, la pesca in mare e gli allevamenti di pesce e frutti di mare ecc...saranno definitivamente rovinate da questo intervento. Anche i lavoratori della miniera vedranno distrutto il proprio ambiente, solo che loro avranno uno stipendio in cambio di questa distruzione.
Non c'è nessun investimento fatto sul territorio, non verrà lasciato niente di buono per il futuro, queste aziende sono andate li per levare, per succhiare dalla terra qualcosa a cui l'uomo ha dato un alto potere simbolico legato ai soldi.
Chi si illude che lo stato greco e (in teoria la popolazione greca) abbia una percentuale di guadagno dalle attività estrattive si sbaglia di grosso. Grazie ad una legge fatta durante la Dittatura dei Colonnelli le ditte appaltatrici non sono tenute a dare un centesimo allo stato di tutta la ricchezza che avranno grazie all'estrazione dell'oro. Nessun governo dal 1974 oggi ha cambiato questa legge.

Pochi giorni fa, notte tempo, circa una cinquantina di persone a volto coperto hanno fatto irruzione nello stabilimento e hanno distrutto tutto ciò che si trovavano davanti. Con bottiglie molotov hanno bruciato camion, macchinari e uffici di questo sito estrattivo. Sconosciuti sono gli autori di questa azione che è stata documentata dalle telecamere di sicurezza.
Lo stato che per lungo tempo non ha avuto, né occhi, né orecchie davanti alle proteste degli abitanti si è subito risvegliato e se ancora non conosce gli esecutori del raid notturno, conosce invece bene tutti coloro che hanno posto come primaria la questione ecologica e gli addita come mandanti.

Dal governo, dove evidentemente vedono il degrado ambientale come naturale evoluzione dello sviluppo si sono lamentati chiedono: Come possiamo pensare che qualcuno venga a investire in Grecia se accadono queste cose? Subito è partita la repressione, arresti, perquisizioni, schedatura di massa verso coloro che con coraggio e costanza hanno difeso per anni il loro ambiente a volto scoperto.
La questione sta creando una sorta di guerra civile nella zona tra chi non accetta la distruzione totale dell'ambiente e la perdita del proprio lavoro grazie alla catastrofe ecologica e chi invece lo ritiene un prezzo equo da pagare per mantenere il proprio posto di minatore o perchè come amministratore pubblico ha un suo personale guadagno da questo investimento privato.
Ancora una volta lo stato non si preoccupa di salvaguardare il proprio territorio e di tutelare la salute dei propri cittadini ma pone come unico e primario interesse la repressione e la criminalizzazione di chi si batte per un altro tipo di sviluppo che non significhi distruzione dell'ambiente.

venerdì 8 febbraio 2013

Arrestati e torturati dalla polizia...è successo in Grecia.

da:  sopravvivereingrecia.blogspot.gr
Sopravvivere in Grecia, cronaca di una crisi: Arrestati e torturati dalla polizia...è successo i...:

Arrestati e torturati dalla polizia...è successo in Grecia. Cos'è la dittatura? Come si manifesta? Come si stabilisce l'inizio e la fine di essa?
La Grecia può contare un buon numero di dittature, la più recente e forse la più conosciuta è stata quella detta "Dittatura dei Colonnelli", altrimenti più nota come "Giunta" (η Χούντα). La dittatura militare capitanata da Giorgos Papadopoulos che è iniziata nell'aprile del 1967 e che fino al 1974 vide un susseguirsi di governi militari anticomunisti. Due fatti determinarono la fine di quest'ultima dittatura, i tragici fatti del Politecnio di Atene dove i carri armati dell'esercito fecero irruzione nell'università, travolgendo i cancelli del Politecnio e schiacciando molti studenti che si trovavano nel cortile dell'università e successivamente l'occupazione di Cipro da parte della Turchia. 
Per gli storici è molto comodo collocare un evento politico assegnando una data d'inizio e una di fine, ma spesso non è così, spesso la realtà è molto più complicata. Ci sono dittature che non iniziano con un golpe, non c'è un giorno preciso dove al mattino ci svegliamo e vediamo che in strada circolano dei carri armati. Non in tutte le dittature siamo costretti a vestire i nostri figli con i "pantaloni zuava" e a farli partecipare alle adunate dei "Giovani Balilla".
Le dittature hanno cambiato forma, si sono evolute pure loro, vi sono molte dittature che non vengono mai dichiarate, ma al contrario gli stessi dittatori sono coloro che rappresentano le istituzioni degli stati "Democratici". Queste dittature sono portate dentro alle nostre case dall' informazione di quei giornalisti che ne fanno parte. Con la stessa violenza di un carro armato che sfonda un cancello e schiaccia coloro che vi sono dietro, questa informazione entra nei salotti, esce dalle televisioni e dalle radio. Ci sono dittature che durano anni, altre mesi, altre giorni, altre molto brevi...minuti. Perché, cos'è la dittatura?
Non è solo la sovversione delle regole democratiche ma anche la successiva impunità di coloro che le hanno sovvertite. La dittatura è quando gli organi addetti al rispetto di queste regole sono gli stessi che le sovvertono e gli stessi che le sovvertono sono gli stessi che dovrebbero giudicare e punire chi le ha sovvertite.
Dittatura è affamare il proprio popolo, andare contro i diritto costituzionale, privarlo del diritto alla salute, al lavoro, all'istruzione, privilegiare con leggi e provvedimenti gli interessi di alcuni a svantaggio degli interessi dei molti.
Dittatura è distruggere la dignità umana, criminalizzare con leggi liberticide e razziste lo straniero, il diverso, il più debole.
E ancora, dittatura è imporre una vita di stenti al proprio popolo e impedirli di protestare, di manifestare il proprio dissenso. Dittatura è usare oggi una legge fatta durante le ditatture, (επιστράτευση ovvero la chiamata alle armi, i lavoratori vengono direttamente precettati da degli organi militari) per impedire e ostacolare il diritto di sciopero a dei lavoratori esasperati e poi, farli tornare a casa la sera e presentare in televisione un sondaggio dove si afferma che va tutto bene così, che la gente è soddisfatta e che il governo ha ripreso popolarità.
Dittatura è l’uso sistematico del governo dello “stato di emergenza” (questa particolare procedura dovrebbe essere usata solo in estremo caso di bisogno ed emergenza come ad esempio terremoti e calamità naturali) per far passare i provvedimenti economici con il solo voto del governo e non di tutto il parlamento.

Alcuni giorni fa, in Grecia, sono stati arrestati e torturati quattro ragazzi. Preciso che questo è avvenuto in Grecia e non in Iran perché da un po' di tempo a questa parte ci sembrava quasi incredibile che certe cose potessero succedere in un paese che si vanta di essere democratico, che scrive sulle porte delle proprie istituzioni "Ελληνική Δημοκρατία" (democrazia greca). Dico questo, non tanto perché queste cose non siano avvenute anche in un recente passato, ma per come questa volta siano direttamente e apertamente rivendicate da organi istituzionali dello stato come la polizia


 
 I volti di due dei quattro ragazzi arrestati. 
 

Questi quattro ragazzi sono stati arrestati per rapina a Kozani (nord della Grecia), sono stati portati nel posto di polizia della città e ne sono usciti tumefatti dalle percosse che hanno ricevuto. Questi quattro ragazzi si sono dichiarati anarchici.
Non voglio assolutamente commentare se rapinare una banca a scopo politico sia giusto o meno, se sia una forma condivisibile di rivalsa verso gli interessi delle banche e quindi del capitalismo. Chi lo fa si assume le proprie responsabilità.
Ciò che invece voglio commentare è come in uno stato che basa le sue regole sulla democrazia possano succedere questi abusi, queste torture. Come possa uno stato democratico lasciare il giudizio e la relativa punizione nelle mani di un gruppo di poliziotti. Questi quattro ragazzi sono stati brutalmente pestati e successivamente fotografati per rendere palese il trattamento che hanno ricevuto. I loro volti macellati sono stati fatti vedere in televisione, ma non come denuncia di un abuso, ma come monito verso la società. Con queste foto si vuole apertamente comunicare che tutti, chi più e chi meno, corriamo un pericolo.
Il pericolo di incappare in un vuoto di democrazia, in un momento spazio-temporale dove le regole democratiche non esistono e vengono sostituite dall'abuso e dalla violenza.
E subito dopo l'altra violenza, quella dei giornalisti che fanno parte di queste "dittature spazio-temporali" che usano la parola "antiautoritario" come sinonimo di "terrorista". Poi i commenti degli opinionisti e dei politici del governo che vedono ciò che è successo a questi ragazzi come naturale evoluzione dell'arresto per rapina. Mille sono i discorsi e le sfumature, le motivazioni e le considerazioni sull'accaduto, tutti si riempiono la bocca con la parola "legalità", e più corrotti e mafiosi sono e più la usano.
Questo avvenimento mi riporta a più di dieci anni indietro nel tempo, alla dittatura spazio-temporale di Genova, durante i tre giorni del G8. Anche in questo caso le forze dell'ordine vennero lasciate libere di esprimersi sia in piazza che dopo, nelle caserme e nelle prigioni. La tortura fisica e psicologica si sostituì alle regole democratiche e ai diritti umani. Allo stesso modo vedemmo l'allora ministro degli interni Scajola che nel Parlamento Italiano esprimeva solidarietà e rispetto verso l'operato delle forze dell'ordine che "...con abnegazione hanno compiuto il proprio dovere."
Devo dire che il governo greco ha un'idea piuttosto bizzarra di legalità, la punizione e l'ordine, l'ossessione per la legalità si manifestano a sprazzi, in maniera distratta e discontinua, e mentre da una parte si bastonano i lavoratori e gli studenti in sciopero e si sgomberano i centri sociali, si  permette che quasi giornalmente venga ucciso un immigrato nel centro di Atene per ragioni razziste, dall'altra si permette che alcuni squilibrati sparino pubblicamente colpi di arma da fuoco in aria nel centro della città. 
Questo è successo pochi giorni fa ad Atene in occasione dei funerali dell’ex-dittatore Nikolaos Dertilis. 
Oltre ad essere tra coloro che ha ideato e organizzato il golp militare in Grecia e la successiva “Dittatura dei Colonnelli” questo "stinco di santo" si è distinto come assassino a Cipro, organizzando una serie di omicidi tra la popolazione turco-cipriota, omicidi che hanno portato prima alla divisione e all’odio tra le due comunità di Cipro (turco-cipriota e greco-cipriota) e successivamente hanno provocato l’invasione di Cipro da parte della Turchia. E’ morto di vecchiaia ultra ottantenne, dopo aver passato gli anni dal 1974 ad oggi nel carcere dove scontava una pena per aver ucciso. Chiaramente non è possibile stimare quante persone abbia torturato e ucciso, ma fu processato per l’assassinio di uno studente fuori dal Politecnio avvenuto il 18 novembre 1973. Al suo funerale hanno partecipato in massa tutti i parlamentari di Chrisi Avghi e i relativi militanti di questo partito. Nell'euforia generale dei nostalgici della dittatura alcuni hanno tirato fuori delle pistole è hanno onorato la salma dell'ex-dittatore con numerosi spari in aria (questa pratica degli spari in aria è molto nota a chi ha vissuto la "Giunta", ha una sua tradizione di minaccia e di terrore). A fine del funerale un vescovo della chiesa ortodossa, evidentemente molto fanatico della democrazia e del libero pensiero ha commentato la figura di Nikolaos Dertilis come grande personaggio mettendolo sullo stesso piano di Socrate e Kolokotronis (eroe nazionale greco). 
La piazza era affollata da personalità della chiesa, della politica e da numerosi poliziotti ma....le forze dell’ordine non sono riuscite ad identificare nessuno dei responsabili degli spari e quindi resteranno ancora sconosciuti i nomi di questi pistoleri nazi-fascisti.


7 febbraio 2013 

sopravvivereingrecia.blogspot.gr

lunedì 14 gennaio 2013

Sophia Antipolis


"Alessandra in mezzo ai numeri" acquarello su carta, 2012, di Andrea Izzo

“Vai a vivere in Francia?! Se cerchi fama, vai al nord; se cerchi soldi vai al centro; se cerchi guai, vai al sud.”
Così chiosò Ahmed, il franco-algerino che mi sostituì sul lungo Fersina quando lasciai Trento per la Costa Azzurra.
Partii per Francia con la jeep del babbo stipata di libri, pennelli, maglioni e pignatti. In tasca una cartolina con su un indirizzo e una chiave attaccata con lo scotch. Il primo alloggio fu l'appartamento di una collega in vacanza. Ad essere attaccata con lo scotch in quella casa non c'era solo la chiave, ma anche “l'impianto” a gas e le finestre dell'abbaino da cui andavano e venivano un paio di affezionate famigliole di piccioni. Ma il tutto si integrava a meraviglia col clima medioevale della casa e del paesino di Valbonne.

Tra Valbonne e il mare c'è Sophia Antipolis, dove lavoro.
Sophia Antipolis è un paese inesistente: si può passeggiare ore per le sue vie senza mai arrivarvi, non ha una piazza, un bar, una via principale. Ciononostante a Sophia Antipolis c'è tutto ciò di cui la società moderna non può più fare a meno. Alcuni scrittori la definiscono la Silicon Valley europea: un enorme parco naturale dove tra cinghiali, ranocchie, bisce e zanzare si mimetizzano centri di ricerca ultramoderni scollegati tra loro e dalla realtà.
A Sophia Antipolis la ricchezza viene esibita con una discrezione degna del benessere consolidato, secondo una di quelle regole non scritte che i nuovi ricchi dell'era dell'informatica e della finanza si sono imposti entrando nel nuovo millennio. I blocchi di uffici in cemento, le ville tra piscine e giardini sono ben distanziati tra loro, separati da boschi artificiali. Nelle rare giornate di nebbia, il parco tecnologico sembra un miraggio, una città virtuale apparsa come per magia nell'aria profumata di pino, la visione di una nuova Versailles durante uno spettacolo di son et lumière.
Gli abitanti di Sophia Antipolis non hanno tempo di ubriacarsi in compagnia, di litigare con la fidanzata, di fare la spesa per cucinare, di stare con gli amici, non hanno il tempo nemmeno per farseli gli amici. Non ci sono energie da sprecare per l'amicizia, la rabbia, la gelosia, il pregiudizio, e le riflessioni più mature che ne seguono. Non c'è nessuna delle tensioni sociali che ci costringono a riconoscere la forza o la debolezza degli altri, i nostri obblighi e i nostri sentimenti nei loro confronti. A Sophia Antipolis non c'è nessuno di quegli scambi emozionali che ci danno il senso di chi siamo. Nessuna attività ricreativa, nessuna vita di comunità, nessuna attività sociale. Il lavoro fornisce a se stesso lo svago necessario. Se stai brevettando la macchina per la lettura del pensiero o progettando dove posizionare le antenne per intercettare i segreti militari di una nazione nemica, o puntualizzando i dettagli per sparare nello spazio un satellite di ultima generazione, perché perdere tempo a lanciare una pallina di gomma di là dalla rete? Questo possono farlo i bambini. Sì, questa technopolis è incredibilmente adulta, civile e praticamente sterile. Non mi è chiaro se alla gente piace davvero così. Tra le 5 e le 7 di sera c'è il fuggi fuggi generale. Chi vive a Sophia Antipolis va a chiudersi nel suo loculo a consumare qualcosa di già pronto davanti al computer. Chi vive fuori abbandona la postazione il più in fretta possibile per ritornare alla propria tana dove regalarsi il lusso e l'eccezionalità di una vita
normale.

Proseguendo verso il mare si arriva ad Antibes, Cannes, Nizza. Città dove il lusso viene gestito alla maniera dei Savoia svergognatamente ostentato da dozzinali nuovi re Sole incuranti dei tempi che cambiano. Ad alzarsi presto la Domenica mattina si possono vedere atterrare in mezzo al mare elicotteri di opulenti londinesi della finanza e arabi del petrolio per il loro appuntamento settimanale con la vetrina del porto di Antibes. Anche loro hanno bisogno del loro momento di tranquillità per prendersi un caffè cullati dalle onde del mare della Costa Azzurra e protetti dal lusso di una barca di 60 metri che, come una bandiera piantata dal primo astronauta sulla luna, se ne sta lì ormeggiata ogni giorno dell'anno a ricordare a tutti quei marziani che quella barca possono solo ammirarla, che ci sono valori nella vita per i quali vale la pena spendere una fortuna.

Valbonne, Sophia Antipolis, Antibes... e poi... il mare. Questo specchio d'acqua scintillante reso sorprendentemente azzurro da pulviscoli di calcare disciolti nelle sue acque. Uno specchio che riflette il cielo e la terra. Uno specchio che riflette noi e la società che abbiamo costruito. Dall'altra parte del mare, dalla stessa parte in cui mi trovo, assieme ai londinesi, le barche, le ville e il parco tecnologico c'è un altro mondo, un mondo che sopporta tutto questo e che sembra starsene lì in pace e fierezza a mostrarci, come in uno specchio, la vera faccia di questa specie di paradiso terrestre costruito da mani d'uomo. Come in ogni luogo dove il lusso ha perso ogni sorta di misura e di buon gusto, si coltivano, senza troppi rimorsi, eserciti di clochard senza tetto e senza sorriso. Mi piace la parola “clochard”, ricorda il suono delle campane. Sono gli eterni campanari che stanno lì a suonare alla porta dei nostri cuori, stanno lì a disturbarci, a minacciare il nostro benessere, giorno e notte, sotto quel campanile, a ricordarci che dall'altra parte dello specchio c'è il baratro e non il paradiso.
Sono talmente tanti che se si organizzassero potrebbero mettere in piedi un vero e proprio plotone e
sovvertire l'ordine costituito, e invece preferiscono una coperta ad una monetina, coperta che gli permetta di esercitare la propria libertà a vivere in un angolo di mondo separati da questa società troppo complicata. Mi chiedo se anch'essi non servano il sistema come tutti gli altri abitanti di questa nuova Eden. Anch'essi restano nascosti, come le ville o i centri di ricerca. Migrano da una zona della città all'altra in controcorrente al flusso dei turisti impellicciati.
A passeggiare per rue Jean Médecin a Nizza di Domenica pomeriggio sei il padrone protagonista di questo antico gioco di società tra ricchi e poveri, hai tutto a portata di vetrina, tutto lì a disposizione della tua carta di credito. Appena scende la sera puoi andare a cena sul lungo mare, lontano da rue Jean Médecin, e lasciare che i tuoi sensi siano accarezzati dalle più remote fantasie culinarie che un maître restaurateur possa aver pensato apposta per te e contemplare i riflessi del mare nel tuo calice di rosé d'annata. Appena scende la sera le vetrine di rue Jean Médecin, al di là delle quali avevi strisciato la tua carta di credito, vedono strisciare quei cartoni multiuso che fungono da giaciglio, coperta, ombrello, paravento e a volte paracalci. Appena scende la sera, l'esercito dei clochards sconfiggerà, con un sol colpo di coperta, il potere che a fatica ti sei acquistato nel tuo pomeriggio mondano. Ti ricorderà che lui, con quei due spiccioli che in un momento di somma commozione e generosità hai lasciato cadere nel suo bicchiere di plastica senza nemmeno voltarti, senza nemmeno salutarlo e augurargli buona giornata o chiedergli come si chiama, da dove viene, perché è lì... sì... lui con quei due spiccioli che hanno appagato i tuoi sensi di colpa perché almeno questa sera grazie a te e alla tua bontà potrà ingozzarsi con un sano pasto caldo e riempirsi la pancia... lui, con quei tuoi due spiccioli, è libero di comprarsi una birra ed ubriacarsi! È libero di starsene lì a farti indignare e a prendersi gioco di te fino a quando la tua commozione non si specchierà nel mare e rivelerà il suo vero volto, armerà il tuo braccio e ripulirà la strada da “certa gente” che spreca la tua carità in bottiglie d'alcool, e rue Jean Médecin splenderà di nuovo e sarà pronta per la corsa all'oro del lunedì mattina di tutti i tuoi simili.

Dalla stessa parte dello specchio c'è chi è libero di spendere tutto quello che ha per ubriacarsi, chi di sprecare il proprio tempo a contemplare il mare con un costosissimo bicchiere di rosé e chi il tempo di ubriacarsi lo ha venduto al parco tecnologico in cambio di una firma elettronica che attesti il suo stato di adulto civile.

“Se cerchi fama, vai al nord; se cerchi soldi vai al centro; se cerchi guai, vai al sud.”
Chissà da quali guai scappava Ahmed, quando lasciò Nizza per Trento. Della fuga da Algeri a Parigi ha solo i ricordi di sua mamma. A 16 anni, con la truffa, ha ottenuto la patente francese. A 23 si è laureato. Ora ha 26 anni ed è il direttore di un Mc Donald della periferia trentina. Quando gli feci vedere l'appartamento dove abitavo mi disse che a lui la libertà non la toglierà mai nessuno.

Dopo due anni nel parco tecnologico di Sophia Antipolis riparto, con la jeep del babbo, stipata di libri,
pennelli, maglioni e pignatti. Mi porto negli occhi lo specchio del mare che come i pulviscoli di calcare che lo rendono così azzurro mi si è incrostato addosso. Con quali altre croste dovrò fare i conti domani?