lunedì 14 gennaio 2013

Sophia Antipolis


"Alessandra in mezzo ai numeri" acquarello su carta, 2012, di Andrea Izzo

“Vai a vivere in Francia?! Se cerchi fama, vai al nord; se cerchi soldi vai al centro; se cerchi guai, vai al sud.”
Così chiosò Ahmed, il franco-algerino che mi sostituì sul lungo Fersina quando lasciai Trento per la Costa Azzurra.
Partii per Francia con la jeep del babbo stipata di libri, pennelli, maglioni e pignatti. In tasca una cartolina con su un indirizzo e una chiave attaccata con lo scotch. Il primo alloggio fu l'appartamento di una collega in vacanza. Ad essere attaccata con lo scotch in quella casa non c'era solo la chiave, ma anche “l'impianto” a gas e le finestre dell'abbaino da cui andavano e venivano un paio di affezionate famigliole di piccioni. Ma il tutto si integrava a meraviglia col clima medioevale della casa e del paesino di Valbonne.

Tra Valbonne e il mare c'è Sophia Antipolis, dove lavoro.
Sophia Antipolis è un paese inesistente: si può passeggiare ore per le sue vie senza mai arrivarvi, non ha una piazza, un bar, una via principale. Ciononostante a Sophia Antipolis c'è tutto ciò di cui la società moderna non può più fare a meno. Alcuni scrittori la definiscono la Silicon Valley europea: un enorme parco naturale dove tra cinghiali, ranocchie, bisce e zanzare si mimetizzano centri di ricerca ultramoderni scollegati tra loro e dalla realtà.
A Sophia Antipolis la ricchezza viene esibita con una discrezione degna del benessere consolidato, secondo una di quelle regole non scritte che i nuovi ricchi dell'era dell'informatica e della finanza si sono imposti entrando nel nuovo millennio. I blocchi di uffici in cemento, le ville tra piscine e giardini sono ben distanziati tra loro, separati da boschi artificiali. Nelle rare giornate di nebbia, il parco tecnologico sembra un miraggio, una città virtuale apparsa come per magia nell'aria profumata di pino, la visione di una nuova Versailles durante uno spettacolo di son et lumière.
Gli abitanti di Sophia Antipolis non hanno tempo di ubriacarsi in compagnia, di litigare con la fidanzata, di fare la spesa per cucinare, di stare con gli amici, non hanno il tempo nemmeno per farseli gli amici. Non ci sono energie da sprecare per l'amicizia, la rabbia, la gelosia, il pregiudizio, e le riflessioni più mature che ne seguono. Non c'è nessuna delle tensioni sociali che ci costringono a riconoscere la forza o la debolezza degli altri, i nostri obblighi e i nostri sentimenti nei loro confronti. A Sophia Antipolis non c'è nessuno di quegli scambi emozionali che ci danno il senso di chi siamo. Nessuna attività ricreativa, nessuna vita di comunità, nessuna attività sociale. Il lavoro fornisce a se stesso lo svago necessario. Se stai brevettando la macchina per la lettura del pensiero o progettando dove posizionare le antenne per intercettare i segreti militari di una nazione nemica, o puntualizzando i dettagli per sparare nello spazio un satellite di ultima generazione, perché perdere tempo a lanciare una pallina di gomma di là dalla rete? Questo possono farlo i bambini. Sì, questa technopolis è incredibilmente adulta, civile e praticamente sterile. Non mi è chiaro se alla gente piace davvero così. Tra le 5 e le 7 di sera c'è il fuggi fuggi generale. Chi vive a Sophia Antipolis va a chiudersi nel suo loculo a consumare qualcosa di già pronto davanti al computer. Chi vive fuori abbandona la postazione il più in fretta possibile per ritornare alla propria tana dove regalarsi il lusso e l'eccezionalità di una vita
normale.

Proseguendo verso il mare si arriva ad Antibes, Cannes, Nizza. Città dove il lusso viene gestito alla maniera dei Savoia svergognatamente ostentato da dozzinali nuovi re Sole incuranti dei tempi che cambiano. Ad alzarsi presto la Domenica mattina si possono vedere atterrare in mezzo al mare elicotteri di opulenti londinesi della finanza e arabi del petrolio per il loro appuntamento settimanale con la vetrina del porto di Antibes. Anche loro hanno bisogno del loro momento di tranquillità per prendersi un caffè cullati dalle onde del mare della Costa Azzurra e protetti dal lusso di una barca di 60 metri che, come una bandiera piantata dal primo astronauta sulla luna, se ne sta lì ormeggiata ogni giorno dell'anno a ricordare a tutti quei marziani che quella barca possono solo ammirarla, che ci sono valori nella vita per i quali vale la pena spendere una fortuna.

Valbonne, Sophia Antipolis, Antibes... e poi... il mare. Questo specchio d'acqua scintillante reso sorprendentemente azzurro da pulviscoli di calcare disciolti nelle sue acque. Uno specchio che riflette il cielo e la terra. Uno specchio che riflette noi e la società che abbiamo costruito. Dall'altra parte del mare, dalla stessa parte in cui mi trovo, assieme ai londinesi, le barche, le ville e il parco tecnologico c'è un altro mondo, un mondo che sopporta tutto questo e che sembra starsene lì in pace e fierezza a mostrarci, come in uno specchio, la vera faccia di questa specie di paradiso terrestre costruito da mani d'uomo. Come in ogni luogo dove il lusso ha perso ogni sorta di misura e di buon gusto, si coltivano, senza troppi rimorsi, eserciti di clochard senza tetto e senza sorriso. Mi piace la parola “clochard”, ricorda il suono delle campane. Sono gli eterni campanari che stanno lì a suonare alla porta dei nostri cuori, stanno lì a disturbarci, a minacciare il nostro benessere, giorno e notte, sotto quel campanile, a ricordarci che dall'altra parte dello specchio c'è il baratro e non il paradiso.
Sono talmente tanti che se si organizzassero potrebbero mettere in piedi un vero e proprio plotone e
sovvertire l'ordine costituito, e invece preferiscono una coperta ad una monetina, coperta che gli permetta di esercitare la propria libertà a vivere in un angolo di mondo separati da questa società troppo complicata. Mi chiedo se anch'essi non servano il sistema come tutti gli altri abitanti di questa nuova Eden. Anch'essi restano nascosti, come le ville o i centri di ricerca. Migrano da una zona della città all'altra in controcorrente al flusso dei turisti impellicciati.
A passeggiare per rue Jean Médecin a Nizza di Domenica pomeriggio sei il padrone protagonista di questo antico gioco di società tra ricchi e poveri, hai tutto a portata di vetrina, tutto lì a disposizione della tua carta di credito. Appena scende la sera puoi andare a cena sul lungo mare, lontano da rue Jean Médecin, e lasciare che i tuoi sensi siano accarezzati dalle più remote fantasie culinarie che un maître restaurateur possa aver pensato apposta per te e contemplare i riflessi del mare nel tuo calice di rosé d'annata. Appena scende la sera le vetrine di rue Jean Médecin, al di là delle quali avevi strisciato la tua carta di credito, vedono strisciare quei cartoni multiuso che fungono da giaciglio, coperta, ombrello, paravento e a volte paracalci. Appena scende la sera, l'esercito dei clochards sconfiggerà, con un sol colpo di coperta, il potere che a fatica ti sei acquistato nel tuo pomeriggio mondano. Ti ricorderà che lui, con quei due spiccioli che in un momento di somma commozione e generosità hai lasciato cadere nel suo bicchiere di plastica senza nemmeno voltarti, senza nemmeno salutarlo e augurargli buona giornata o chiedergli come si chiama, da dove viene, perché è lì... sì... lui con quei due spiccioli che hanno appagato i tuoi sensi di colpa perché almeno questa sera grazie a te e alla tua bontà potrà ingozzarsi con un sano pasto caldo e riempirsi la pancia... lui, con quei tuoi due spiccioli, è libero di comprarsi una birra ed ubriacarsi! È libero di starsene lì a farti indignare e a prendersi gioco di te fino a quando la tua commozione non si specchierà nel mare e rivelerà il suo vero volto, armerà il tuo braccio e ripulirà la strada da “certa gente” che spreca la tua carità in bottiglie d'alcool, e rue Jean Médecin splenderà di nuovo e sarà pronta per la corsa all'oro del lunedì mattina di tutti i tuoi simili.

Dalla stessa parte dello specchio c'è chi è libero di spendere tutto quello che ha per ubriacarsi, chi di sprecare il proprio tempo a contemplare il mare con un costosissimo bicchiere di rosé e chi il tempo di ubriacarsi lo ha venduto al parco tecnologico in cambio di una firma elettronica che attesti il suo stato di adulto civile.

“Se cerchi fama, vai al nord; se cerchi soldi vai al centro; se cerchi guai, vai al sud.”
Chissà da quali guai scappava Ahmed, quando lasciò Nizza per Trento. Della fuga da Algeri a Parigi ha solo i ricordi di sua mamma. A 16 anni, con la truffa, ha ottenuto la patente francese. A 23 si è laureato. Ora ha 26 anni ed è il direttore di un Mc Donald della periferia trentina. Quando gli feci vedere l'appartamento dove abitavo mi disse che a lui la libertà non la toglierà mai nessuno.

Dopo due anni nel parco tecnologico di Sophia Antipolis riparto, con la jeep del babbo, stipata di libri,
pennelli, maglioni e pignatti. Mi porto negli occhi lo specchio del mare che come i pulviscoli di calcare che lo rendono così azzurro mi si è incrostato addosso. Con quali altre croste dovrò fare i conti domani?