giovedì 19 agosto 2010

Ain Arik

Pubblichiamo gli appunti dell'incontro con Benedetto ed Elisabetta, monaci della comunità di don Dossetti presente ad Ain Arik (Ramallah).
(Il file video è troppo pesante per essere pubblicato integralmente
- chi è interessato ce lo può comunque chiedere e cerchiamo di pubblicarlo in forma temporanea. -
Cercheremo di estrarne i passaggi salienti per pubblicare quelli in forma definitiva.)

La presenza dei monaci dossettiani in Terrasanta risale all'inizio degli anni '70. A portarli in questa terra è da un lato il forte legame con le Scritture, dall'altro l'interesse e l'apertura di cuore verso altri mondi.
I primi anni di presenza furono di relativa libertà in veste quasi di "turisti". Tramite il Patriarca di Gerusalemme fu loro assegnata una chiesa in Giordania, desolata e distrutta. Una volta restaurata è divenuta nel 1983 la prima presenza stabile in Medio Oriente. Ora ospita 3 fratelli e 4 sorelle. La sede nel villaggio di Ain Arik è stata aperta successivamente su spinta del Patriarca nel 1989. Era già presente una comunità di Ortodossi. La presenza nel villaggio è di testimonianza e preghiera e di inserimento nella comunità: la messa viene detta in arabo in segno di apertura e radicamento nella popolazione.
La popolazione di Ain Arik conta circa 1600 persone.
La comunità cristiana cattolica di Ain Arik conta 35 famiglie per un totale di circa 150 persone. Ci sono poi circa 300 ortodossi e una maggioranza di musulmani.
La cura pastorale della comunità è una delle missioni dei monaci, precedentemente c'era solo un prete pendolare da Gerusalemme. Oltre a questo, la presenza cerca di sostenere la gente a restare e non emigrare (negli ultimi 50 anni c'è stato un forte spopolamento): per questo sono infatti necessari non solo aiuti finanziari da parte delle chiese europee, ma ancor di più il sostegno della chiesa universale con persone che vadano a vivere al loro fianco e non li facciano sentire abbandonati.
L'occupazione causa gravi limitazioni alla vita quotidiana, ma è comunque possibile vivere secondo il Vangelo: la popolazione resta nonostante tutto di animo mite e sopporta le umiliazioni.
La vita economica del villaggio è totalmente dipendente dalla vicina Ramallah: la farmacia esiste solo da pochi anni, un ambulatorio medico è aperto da qualche tempo, ma solo alcuni giorni alla settimana. Pure l'acqua corrente e il forno sono arrivati solo di recente.
Durante la seconda Intifada le strade furono bloccate per cui la gente fu costretta ad un'economia di sussistenza senza assistenza medica. La situazione toccò il massimo della gravità durante l'assedio di Ramallah. Grazie anche alla sua povertà, il villaggio di Ain Arik è rimasto comunque indenne dai bombardamenti. La gente si mantiene lavorando negli uffici di Ramallah oppure nell'edilizia: recentemente Ramallah ha infatti avuto un forte boom economico che ha richiesto la costruzione di interi nuovi quartieri: quasi tutti (pure i palestinesi) sono infatti ormai rassegnati ad avere Ramallah come capitale del futuro stato palestinese. Il boom edilizio è motivato dall'emergere di una classe dirigente palestinese molto corrotta che vive nel lusso accanto alle baracche dei poveri (gli aiuti internazionali finiscono molto spesso in ricchezze private).
Buona parte della popolazione dipende economicamente dall'aiuto di enti religiosi (cristiani o islamici a seconda del caso) per la propria vita quotidiana ma soprattutto per sostenere spese improvvise e il costo degli studi universitari dei giovani.
L'università di Ramallah esiste ma molto migliori sono l'università di Bir Zeit e l'università cattolica di Betlemme. Dopo l'Intifada è difficile da raggiungere da Ain Arik: non solo gli studenti, ma anche i professori hanno spesso difficoltà a passare i posti di blocco. Anche i docenti stranieri subiscono intralci e ritardi nei propri spostamenti, il che disturba non poco le attività didattiche. Un padre con documenti israeliani è stato spesso bloccato o arrestato in base ad una legge che impedisce l'ingresso dei cittadini israeliani nei territori: il pretesto della legge è di proteggere i cittadini da possibili violenze, ma l'effetto principale è di impedire l'attività dei gruppi pacifisti che, per esempio, protestano contro la costruzione del muro.
La popolazione originaria di Ain Arik era fino al '48 per metà cristiana e per metà musulmana e abitava solo un lato della valle. Il resto del villaggio fu costruito per accogliere profughi scacciati da altre zone della Palestina dalle truppe israeliane. Tuttora quella zona della città è chiamata "campo profughi", anche se ormai non si tratti più di tende ma di (brutte) case in cemento. Nei dintorni ci sono vari insediamenti israeliani, costruiti con precisi criteri urbanistici in modo da spezzare la continuità territoriale della Palestina. Con documenti palestinesi c'è bisogno di permessi dell'autorità militare per spostarsi da una parte all'altra dei territori. Per questo motivo capita che gente celebri matrimoni ad Ain Arik per permettere ai parenti di partecipare. Vari trattamenti sanitari (p.es. la chemioterapia) sono disponibili solo a Gerusalemme: anche in presenza di malattie croniche, i permessi vengono rilasciati volta per volta. Anche in caso di patologie gravi il passaggio dei posti di blocco è possibile solo a piedi. Anche le merci si spostano difficilmente, per cui si vendono a prezzi stracciati nelle zone di produzione. Al contrario, le merci di produzione israeliana non hanno problemi di trasporto, per cui invadono il mercato palestinese: gran parte dei prodotti disponibili in Palestina sono quindi di produzione israeliana.
I Palestinesi hanno ereditato i caratteri di mitezza e di capacità di sopportazione delle avversità dei beduini. Rispetto ad altre popolazioni arabe sono più civilizzati. In particolare i cristiani sono molto fermi e resistenti alle avversità. Il Patriarcato latino di Gerusalemme include Israele, la Palestina, la Giordania e Cipro.
L'emigrazione dei giovani punta agli Stati Uniti, l'Unione Europea e l'Australia. Per partire occorre spesso sfruttare i meccanismi di ricongiungimento familiare con partenti emigrati in precedenza, finanche ad inizio '900.
Fino al '48 Ramallah era quasi completamente cristiana, si è riempita di musulmani dopo il '48.
I giovani hanno ben poche possibilità qua, per cui cercano di scappare appena possibile. Le famiglie sono comunque molto numerose: il controllo delle nascite è estraneo alla cultura locale, sia musulmana che cristiana. La crescita demografica è anzi un'arma politica contro Israele che la teme moltissimo, sia al suo interno che nei territori. In Israele il grosso della popolazione è ateo, ma dal '67 in poi le comunità religiose hanno interpretato la nascita dello stato di Israele e il trionfo nella guerra dei 6 giorni come un fatto voluto da Dio. Queste frange estremiste sono adesso molto pericolose in quanto mescolano convinzioni religiose estremiste al nazionalismo bellicoso. Restano comunque sparuti gruppetti religiosi che rifiutano ogni commistione con lo stato di Israele, che viene visto quasi come una bestemmia (così come l'uso dell'ebraico biblico come lingua di tutti i giorni anzichè l'aramaico). Questi gruppetti sono addirittura sostenitori di una stato palestinese: il loro capo andò infatti ad omaggiare Arafat di ritorno dopo aver firmato gli accordi di Oslo e si offrì come ministro per gli affari ebraici dello stato palestinese. In caso di un accordo con i palestinesi per creare uno stato palestinese indipendente, ci sono forti rischi di guerra civile all'interno di Israele e con i coloni che verrebbero espulsi dai territori palestinesi. I parlamentari palestinesi sono eletti con criteri di quote religiose. Gran parte dei cristiani sono in Al Fatah, e qualcuno coi comunisti. Le varie comunità religiose condividono la lingua e gran parte dei costumi. La convivenza è stata generalmente buona anche se talvolta le differenze di numero hanno causato delle tensioni. La convivenza è stata favorita dalla situazione di occupazione.

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