venerdì 20 agosto 2010

Gaza

Incontriamo Andrea della comunità di don Dossetti a Gerusalemme.
Pubblichiamo qui i nostri appunti dell'incontro.
Il file video è disponibile. Cercheremo di pubblicarne presto un estratto.

Vivono sul Monte degli Olivi e si dividono fra preghiera e lavoro con la popolazione.
Accolgono ospiti, ma non hanno strutture caritatevoli dirette.
Svolgono attività varie in collegamento con altre realtà:
Lorenzo lavora come guida a gruppi di pellegrini e servizio in carcere.
Andrea lavora al Patriarcato Latino di Gerusalemme e si occupa del sito web:

Conversando con Gerusalemme. Blog di fratel Paperoga in Terra Santa
Papefisico
(Vedi anche Famiglie della visitazione)


Assieme ad una suora loro conoscente lavorano come volontari nella striscia di Gaza: si tratta di piccoli interventi di effetto limitato, ma che permettono l'accesso alla striscia ed incontrare le persone. Per esempio, portare con fondi europei la merenda ai bambini delle scuole materne ed elementari, offrire sostegno economico alle famiglie indigenti per l'acquisto di cibo, procurare occhiali per bambini nelle scuole.

La striscia è sotto assedio da 3 anni.
Sono presenti circa 2000 cristiani, di cui solo meno di 200 sono cattolici.
La parrocchia è comunque molto vivace con suore e due preti.
Data la sua esiguità numerica, la vita della minoranza cristiana nella striscia è piuttosto dura, specie da quando è al governo un movimento musulmano quale Hamas.
Nel 2003 iniziò la costruzione del muro attorno alla Cisgiordania includendo però anche parte dei territori per non lasciare isolate alcune colonie.
Per entrare in Israele, i palestinesi di Cisgiordania necessitano di permessi speciali che vengono rilasciati solo su esplicita motivazione. Per esempio lo stesso cuoco della comunità ha forti difficoltà a venire al lavoro. I check-point interni alla Cisgiordania limitano ulteriormente gli spostamenti. A Gaza le colonie furono smantellate nel 2005, evacuando fra sei e otto mila coloni e un numero due volte maggiore di soldati posti a loro difesa. Da allora il territorio è chiuso e praticamente impossibile raggiungere il resto della Palestina.
Dopo che nel 2006 Hamas vinse le elezioni, la chiusura della striscia divenne ancora più rigida anche sulle merci. Anche le frontiere con l'Egitto sono attualmente chiuse, il che fa il gioco di Israele e degli USA. Mentre dalla Cisgiordania è possibile uscire attraverso la Giordania (meno banale rientrare...), da Gaza non si
esce. L'elettricità è disponibile solo 8 ore al giorno per scarsità di carburante; molta gente si è attrezzata con generatori portatili di elettricità.
Per i monaci non è stato difficile ottenere il permesso di entrata a Gaza, l'appartenenza alla Chiesa è stata determinante.
Molto più difficile è per i pacifisti, sia israeliani che europei che vengono spesso respinti alla frontiera. Per questo motivo molte volte devono entrare o via Egitto o con le famose navi. In caso riescano ad entrare, le manifestazioni ed attività sono spesso disperse con la forza. Un esempio di attività dei gruppi pacifisti è di scortare i contadini di Gaza a raccogliere ortaggi nei loro campi che si trovano nella no-man's land. Con le pettorine gialle che segnalano la loro appartenenza a gruppi internazionali sono relativamente protetti dalle angherie dell'esercito israeliano.

L'economia di Gaza si basa molto sugli aiuti dell'ONU tramite l'agenzia dei rifugiati e l'importazione di beni attraverso i tunnel scavati sotto la frontiera con l'Egitto. Molte aziende sono infatti state distrutte durante l'operazione piombo fuso e l'esportazione delle merci non è comunque autorizzata. Addirittura, la frutta in vendita nei suk è spesso di importazione da Israele.
In Giordania, i profughi palestinesi sono diventati cittadini a pieno titolo e si sono integrati nella popolazione. In altri paesi vivono tuttora in campi da generazioni: per questi profughi, l'aiuto dell'ONU è determinante, il che crea situazioni di dipendenza economica e parassitismo. Varia gente non vuole infatti abbandonare lo status di profugo, un po' nella speranza un giorno di rientrare, un po' per approfittare degli aiuti internazionali. Alcuni campi profughi sembrano ormai quartieri normali (p.es. il campo di Qalandia): sono distinguibili dal resto della città solo dalla stradine più strette e dalla diffusa povertà.


PS da vedere: su youtube i discorsi di Berlusconi prima alla knesset e poi all'ANP.

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