mercoledì 18 agosto 2010

Israele-Palestina, 1 Agosto

Colazione 6h30.
Bus diretto per Ramallah.
Passiamo per il check point senza scendere.





A Ramallah recuperiamo due taxi gialli scalcinati che ci portano fino ad Ain Arik. Io parto su quello davanti: V. era preoccupata che perdessimo l'altro e mi fa controllare che il "93" fosse dietro. Ad un certo punto però sparisce con grande preoccupazione della V. Tutt'ad un tratto un pulmino giallo sbuca da un angolo giusto davanti a noi e ci taglia la strada. Ora il "93" ci precede e i ruoli sono scambiati.
Stessa storia vista dal "93": Ad un certo punto il pulmino davanti svolta improvvisamente a destra. Noi invece tiriamo diritto con l'autista che inizia ad imprecare con parole arabe molto probabilmente da censurare. Lo ritroviamo poco dopo dietro di noi. Al che l'autista inizia a sporgersi dal finestrino facendo il segno del telefono all'autista dietro. Prontamente il suo cellulare squilla e iniziano a parlare. Ovviamente la conversazione non ferma la guida: una mano per il cellulare, una per la sigaretta e ??? per il volante... ???
In un modo o nell'altro arriviamo comunque ad Ain Arik sani e salvi.

Qui incontriamo i monaci e le monache di don Dossetti.
La messa è in arabo.
In nostro onore sono comunque disponibili dei foglietti con la Messa traslitterata in caratteri occidentali.

Le pie donne arabe sono numerose, vestite all'occidentale, e cantano a squarciagola quasi come le nostre pie donne italiane; mentre gli uomini della comunità sono completamente assenti. Ne chiediamo il motivo ai monaci: è normale che gli uomini non si facciano vedere a messa e non è dovuto alla nostra presenza. Alcune volte seguono la messa da fuori della chiesa, ma il più delle volte proprio restano a casa o hanno da lavorare.
Dopo la messa ci sediamo in uno stanzone accanto alla chiesa dove suor Elisabetta, padre Benedetto e padre Anastasio ci raccontano le loro esperienze in Medio Oriente, prima Giordania e poi Palestina.

Gli appunti dell'incontro sono postati a questo link:
Ain Arik


Alla fine della chiacchierata acquistiamo alcuni loro manufatti e poi scendiamo in paese e accompagnati da padre Anastasio andiamo a pranzo in un vicino ristorante. Ci sistemano in un giardino sotto un tendone e nonostante il caldo ci gustiamo un pasto decisamente appetitoso. Antipasto con pane arabo e salsine... talmente buone che ero già piena... ma non si poteva dire di no all'ottima carne alla grigia che è arrivata dopo. Padre Anastasio (che l'oste chiama "Abuna") ci racconta storie della sua vita in Palestina, per esempio di quando viveva a Gerico in una casa di terra: molto più fresca di una casa in mattoni, e ancor di più di una casa in cemento. Unico problema, ogni anno bisognava fare seria manutenzione del tetto. In quel ristorante siamo gli unici clienti e ci trattano da veri nababbi per una decina di euro a testa. Come facciano a sopravvivere è per noi un mistero. Oltretutto sembra che gli stessi proprietari abbiano un altro locale poco lontano. Ci raccontano che spesso portano il pranzo ai lavoratori in paese, ma ci sembra difficile che questo basti. Alle due i ristoratori ci chiamano un taxi (ovviamente palestinese) che ci riporta verso Gerusalemme.
Io mi addormento come un sasso e mi risveglio solo al check point che questa volta è ben più serio che all'andata. Dobbiamo infatti scendere tutti e avanzare a piedi verso il controllo passaporti. Il nostro taxi avendo targa bianco-verde palestinese (anziché la gialla degli israeliani) non può infatti portarci fino a Gerusalemme. La fila ai controlli è molto lunga e dobbiamo lottare con un bimbo che cerca in tutti i modi di venderci una bottiglietta d'acqua. Quasi tutti riusciamo a passare rapidamente il controllo passaporti salvo E. che viene fermata per non avere il timbro di ingresso sul passaporto. La situazione si sblocca comunque poco dopo, basta infatti convincere il doganiere che fanno parte di un gruppo di cui il grosso è già passato (solo la povera E. se l'è dovuta cavare da sola perché era l'ultima della fia e noi eravamo già passati tutti... ma è stata bravissima).
Prendiamo bus separati ma riusciamo comunque a ritrovarci tutti a Gerusalemme. Poco davanti a noi siede un tipo piuttosto anonimo che al check-point mi aveva lanciato qualche insulto in quanto cristiana
"Jews will be the only one, Handicapped christians!".

Una volta arrivati anche F con gli ultimi della truppa partiamo verso il Muro Occidentale.
Io vado con E. in taxi. Ci facciamo lasciare subito fuori dalla porta del letame, ma la salita fino al check point all'entrata della piazza del Muro è notevole: le ciabattine scivolose e la pendenza del 15% mi stendono sotto la carrozzina di E.: senza il suo aiuto sarei senz'altro scivolata all'indietro.
Aspettiamo gli altri ai lavandini delle abluzioni.
Visita al muro occidentale.
Rientriamo in albergo, doccia e cena.
Nel dopo cena, una rapida puntata al Santo Sepolcro ad assistere alla chiusura del portone da parte del custode e poi tutti in branda.

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